C’è una crescente corrente di pensiero che mette in dubbio il funzionamento della democrazia.
I motivi non mancano. Chi prende in considerazione Julian Assange – ma anche chi non lo vede come un grande opinionista – può ragionevolmente prendere in considerazione anche il suo dubbio sui rapporti di potere tra Obama e la Nsa: chi comanda? l’apparato dei servizi di sicurezza o il presidente eletto democraticamente? (Politico). Ma non occorre una figura così controversa per nutrire qualche dubbio: l’Economist si chiedeva giusto una settimana fa se qualcosa è andato storto nell’evoluzione della democrazia.
Why has democracy lost its forward momentum?
THE two main reasons are the financial crisis of 2007-08 and the rise of China. The damage the crisis did was psychological as well as financial. It revealed fundamental weaknesses in the West’s political systems, undermining the self-confidence that had been one of their great assets. Governments had steadily extended entitlements over decades, allowing dangerous levels of debt to develop, and politicians came to believe that they had abolished boom-bust cycles and tamed risk. Many people became disillusioned with the workings of their political systems—particularly when governments bailed out bankers with taxpayers’ money and then stood by impotently as financiers continued to pay themselves huge bonuses. The crisis turned the Washington consensus into a term of reproach across the emerging world.
Meanwhile, the Chinese Communist Party has broken the democratic world’s monopoly on economic progress.
I temi in discussione sono ovviamente legati alla necessità di un’evoluzione del sistema a fronte del cambiamento globale. I cinesi sembrano aver adattato meglio il loro sistema negli ultimi decenni, dice Eric X Li. Sono abbastanza capaci le democrazie di prendere le decisioni giuste? E come si valutano giuste le decisioni? Se guardiamo alla crescita del Pil ha ragione la Cina; perché si possa dire che hanno ragione le democrazie occorre un diverso metro di giudizio.
Del resto il Pil di un’economia sviluppata cresce fatalmente meno di quello di un’economia in fase di decollo. La crescita in un’economia sviluppata che non può indebitarsi troppo è vincolata a tassi relativamente più bassi: e poiché i soldi vanno dove si fanno soldi, le distanze aumentano, per qualche tempo. Non è forse ora di darsi un nuovo obiettivo per la democrazia? La crescita del Pil, che pure è importante, non è il motivo per la democrazia: lo sviluppo della qualità della vita lo può essere.
Democratico è chi coltiva un metodo che favorisce l’evoluzione del sistema decisionale in base a un metodo condiviso. Democratico è chi innova in base a un metodo condiviso per per discussione, informazione, aggregazione e formulazione di istanze, fino a qualche forma di votazione. Democrazia non si esaurisce nella votazione ma esiste in relazione a una costituzione che regola il percorso complessivo – compresa l’informazione e la discussione libera – che porta alla deliberazione della quale l’elezione è una tappa. Quello che conta è la decisione presa con metodo democratico per dichiarare che è la decisione giusta per la maggior parte dei punti vista.
Sembra che questa crisi della democrazia possa far superare la logica delle decisioni prese solo in base ai sondaggi, che privilegiavano il gradimento sui risultati, per tornare a mettere l’accento sulla qualità delle conseguenze. A quel punto il vantaggio della democrazia ritornerà a essere visibile: perché la democrazia è probabilmente più adatta alla “biodiversità culturale” necessaria all’evoluzione equilibrata nell’ecosistema dell’innovazione e nell’economia della conoscenza rispetto alla “monocoltura autoritaria”. Imho.
Io credo che la democrazia classica si debba evolvere, perchè si sono evoluti i sistemi di informazione e di raccolta del consenso.
Alcune situazioni patologiche di “indecisionismo” sono figlie di strenue attenzioni al consenso e agli indicatori di popolarità.
Qualunque azione produrrà contenti e scontenti, ma se l’ansia di prevedere i numeri degli uni e degli altri blocca l’azione allora non ci siamo.
Questa situazione è nata, ancor prima di internet, nel mondo della televisione, con l’Auditel. Dove non importa se capiscono, ma solo se guardano quel canale.
La stessa cosa può avvenire su internet, con varie campagne mediatiche che ora si affacciano sui social network: raccolte di click e di “like”, magari con numeri importanti, ma forse non del tutto significativi. Il fine non è il click, ma il passare un concetto.
In sostanza: “io c’ero, perchè ho cliccato” deve diventare: “ho cliccato perchè ho capito”.
La democrazia del click può essere interessante, è senz’altro più fluida e dinamica, consente immediati feedback, ma non può e non deve essere ingessabile da click non realmente capiti.
Marco
Egregio Dr. De Biase,
mi trovo molto d’accordo con quanto lei afferma. Nel mio piccolo ho anch’io riflettuto sui meccanismi minimi necessari alle nostre democrazie per adeguarsi alle nuove realta’. Mi permetto di segnalarle un piccolo contributo: http://www.opendemocracy.net/vincenzo-de-florio/orchestrating-democracy
Cordiali saluti,
Vincenzo De Florio
https://twitter.com/EnzoDeFlorio
Il sistema Cinese sembra molto efficace visto dall’esterno, ma chi vive in Cina riceve un impressione molto diversa. Personalmente vivo in Cina da anni, e spero vivamente che l’Occidente non adotti mai un sistema come quello Cinese. Ho scritto a lungo di questi temi nel mio blog: http://www.limperodimezzo.blogspot.it