Screen City di Simone Arcagni è un libro da leggere come una galleria di idee con un filo conduttore implicito che forse si sintetizza nella parola Citynet.
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La ricerca della città del futuro nelle parole dei grandi pensatori e nelle proposte artistiche o nelle piattaforme innovative che non cessano di proporsi all’attenzione in un mondo che cerca la sua nuova forma, appare come un percorso tra tutti i “post-” e gli infiniti “pre-” del mondo della sperimentazione digitale, intellettuale e narrativa. «Citynet è uno spazio espanso, ubiquo e sempre più geolocalizzato» dice Arcagni. Forse è la nuova utopia. Di certo è una nuova realtà, aumentata: con risposte ma anche molte domande.
Il filo conduttore non è tanto la guida alla lettura ma il vero e proprio problema da risolvere. Da un lato è una piattaforma, che consente un’incredibile quantità di collegamenti tra persone e cose, accessibili con un sistema di schermi che evolvono in nuove interfacce che penetrano progressivamente in ogni spazio della vita quotidiana; dall’altro lato è un ecosistema nel quale storie e innovazioni coevolvono. In un contesto teso dal ritmo dell’innovazione, ogni strumento di questa vicenda sembra sempre sul punto di raggiungere il confine tra successo e obsolescenza.
E la galleria di idee è consultabile con il cellulare usando una qualsiasi app che legge i QR code e consente di vedere le innovazioni citate, in un ipertesto di carta e digitale.
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