ACTA è stata portata avanti senza una vera e propria discussione pubblica. Ha creato un nuovo sistema internazionale di contrasto alle violazioni della proprietà intellettuale. Ha suscitato le critiche della Electronic Frontiers Foundation e altri perché rischia di trasformarsi in un regime globale di regolamentazione di internet non multistakeholder.
Fimi invia un documento con alcune risposte. In particolare dice che cosa non è l’ACTA:
“• L’ACTA non sorveglia né controlla le comunicazioni private su
internet. Non provocherà la censura di siti web. Non riguarda il
modo in cui i singoli cittadini utilizzano internet.
• Non porterà a limitazioni dei diritti fondamentali (come il controllo
dei computer portatili dei passeggeri aerei alle frontiere o la
sorveglianza del traffico su internet). Il rispetto dei diritti
fondamentali, come il rispetto della vita privata, la libertà
d’espressione e la protezione dei dati, è espressamente
menzionato come uno dei principi base dell’accordo.
• L’ACTA non modificherà la legislazione vigente dell’UE. Non
creerà nuovi diritti di proprietà intellettuale, ma verterà su
procedure e misure volte a far rispettare i diritti esistenti e ad
agire contro le violazioni su grande scala, spesso compiute da
organizzazioni criminali.”
Acta non è certo uno strumento di sorveglianza: è un trattato tra gli stati che rafforza le leggi esistenti ma che di fatto consentirà agli interessati di avere un interlocutore presso il quale eventualmente spingere per ulteriori misure, di fronte alle probabili innovazioni internettiane che qualcuno potrà considerare minacciose per i diritti di proprietà intellettuale. Se continuerà a essere gestito in modo sostanzialmente segreto non farà che alimentare il sospetto che a volerlo e a indirizzarlo saranno soprattutto le lobby più preoccupate dall’innovazione.
Internet va gestita con una logica multistakeholder. Perché è una rete di tutti. E la sua bellezza innovativa viene dal fatto che è di tutti.
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