Wikipedia è una minaccia per il metodo scientifico, sosteneva qualche giorno fa Alessio Di Domizio su Appunti Digitali. Non lo è, rispondeva Maurizio Codogno nelle sue Notiziole. Lo scambio era partito da un pezzo di Stacy Schiff sul New Yorker.
Ci saranno sicuramente altri approfondimenti in materia. Gli argomenti passano accanto alle infinite riflessioni dell’ermeneutica e dell’epistemologia. Non siamo vicini a una conclusione della conversazione, anche perché il fenomeno è in piena evoluzione. Ma un problema, ricorrente, si va chiarendo e riguarda come arrivare alla consapevolezza della specifica qualità delle informazioni pubblicate su Wikipedia, per come emerge dalla complessa relazione tra le dinamiche sociali che si sviluppano nella produzione e valutazione delle voci di Wikipedia, da un lato, e, dall’altro, le regole metodologiche sostenute dall’organizzazione.
Schiff e, in parte, Di Domizio osservano alcune bizzarrie che si stanno sviluppando nel sistema sociale che produce Wikipedia. Come è ben noto, questo sistema sociale non sembra orientato a favorire chi è per curriculum più esperto di una materia quando si tratta di scrivere una voce che la riguarda; il sistema appare più orientato ad appellarsi all’intelligenza collettiva che all’esperienza specialistica dei singoli. C’è il rischio, per Di Domizio, che la voce scritta da uno scienziato possa essere editata da un adepto di una qualunque fede, anche nascosto dall’anonimato, che può avere una sua agenda non scientifica (o anti-scientifica) nella trattazione di un argomento. E Schiff racconta di episodi che fanno pensare alla possibilità che l’originaria società anarchica che produceva Wikipedia si stia trasformando in una società governata addirittura da gang che gestiscono un loro potere su certe aree dell’enciclopedia. Scenari borgesiani. Certo, tutto questo è ancora aneddotico e poco analizzato quantitativamente: gli aneddoti però lasciano il segno.
Codogno ricorda che Wikipedia non è scienza. Casomai è uno sforzo collettivo di divulgazione. E si basa, proprio per questo, volontariamente, su fonti secondarie o terziarie. In effetti, è ovviamente più utile per conoscere la data di qualcosa che per seguire la teorizzazione intorno all’ultimo esperimento sulla velocità dei neutrini. E poiché occorre un metodo anche nella divulgazione, Wikipedia suggerisce di privilegiare i contributi che danno una fonte esistente sul web piuttosto che quelli che si poggiano su un sapere che sta solo nella mente di chi lo conferisce all’enciclopedia.
Non sappiamo se la società che produce Wikipedia evolverà in un sobborgo urbano governato da bande che si spartiscono il territorio o se la collaborazione riuscirà a prevalere. Ma di certo occorre un metodo che sia allo stesso tempo trasparente e facile da comprendere, per coinvolgere tante persone di orientamenti diversi nella produzione di un sapere considerato comune.
La documentabilità di quanto si scrive è certamente il passo fondamentale. Almeno rende possibile ad altri il controllo e il confronto. Creando l’abitudine a considerare il territorio di Wikipedia come un bene comune, da gestire per evitare la classica tragedia del suo ipersfruttamento o del suo degrado vandalistico. Sono anni che questo problema si pone e sono anni che bene o male il sistema regge. Dunque la documentabilità è una forza culturale piuttosto potente.
Ma quali saranno i prossimi sviluppi, visto che i problemi si allargheranno con l’ampiezza dell’enciclopedia stessa? L’anonimato resterà legittimo? La scala gerarchica dei controllori resterà fondamentalmente basata sul numero di edit che essi avranno fatto? E le relazioni tra le voci in diverse lingue tenderanno a convergere o a divergere in base alle culture delle varie popolazioni? Infine, ci sarà una evoluzione del controllo sociale non solo sulle voci ma anche sulle relazioni sociali tra i contributori per ridurre i rischi di formazione di gang e sistemi di potere tali da rallentare l’innnovazione? Gli anticorpi, in Wikipedia, sono presenti quanto i virus e, a giudicare dai risultati, reggono. Ma non sarebbe ora di divulgare anche di più il metodo di produzione, sociale e culturale, dell’enciclopedia per rendere il pubblico maggiormente consapevole di quello che consulta quando consulta Wikipedia? Forse, il pubblico potrà essere maggiormente coinvolto nel governo dell’enciclopedia e nella salvaguardia dei suoi caratteri di bene comune se sarà maggiormente consapevole di quello che accade alla società che edita Wikipedia e al metodo che segue per editarla.
Il discorso è ovviamente complesso, ma io credo che l’unica soluzione si continuare nella direzione della legge di Linus (“Dati abbastanza occhi, tutti gli errori vengono a galla”): l’unico modo per contrastare i bias (anche sistematici) e gli errori è *partecipare*, portare le proprie fonti e la propria opinione. Wikipedia è lì, con la sua cronologia e la sua pagina di discussione per ogni voce, ma in pochi la conoscono. Gli stessi giornalisti/opinionisti/divulgatori sono quelli che ne parlano meno, del metodo di produzione e della intrinseca trasparenza (anche perchè, spesso, sono quelli che meno la conoscono nei dettagli).
PS: nel mio piccolo, lo faccio sabato prossimo (http://aubreymcfato.com/2012/01/26/sabato-4-febbraio-buk-festival-modena/)
il discorso è troppo lungo per essere condensato in un commento, penso ci scriverò un post apposta.
La divulgazione del metodo di produzione è una cosa che cerchiamo di fare da una vita, ma i casi sono due (non esclusivi): o noi non siamo capaci di spiegarlo bene oppure la gente non è affatto interessata. In pratica sono pochissimi quelli che contribuiscono a Wikipedia “fuori dal proprio orticello”, quello insomma che Di Domizio rifiuta concettualmente e invece per quel che mi riguarda è la base del successo dell’enciclopedia libera.
Molto interessante trovare qui il riferimento al post di Alessio Di Domizio. Sempre sullo stesso blog c’è stata una “risposta” da parte di Eleonora Pressani fisica di professione.
Come ho già espresso su Appunti Digitali, non credo che Wikipedia causi problemi al mondo scientifico anche perché non è una piattaforma di riferimento per il mondo della ricerca e la comunità scientifica in generale.
Credo che la democratizzazione della conoscenza abbia delle problematiche reali: su internet, a prescindere dal valore delle asserzioni, una pagina ben costruita può diffondere falsità o imprecisioni ed essere presa da esempio come la visione di un “professionista”. C’è da dire che di stronzate se ne leggono anche nei media tradizionali (si può dire stronzate qui? :)). Credo però che nel caso specifico Internet abbia liberato le briglie consentendo ai blogger di osteggiare i governi come ai complottisti di dire che il progetto Haarp ha causato il terremoto in Giappone.
Mi sento vicino alle visioni della Pressani e di Codogno. Wikipedia non attenta la scienza. La democratizzazione della conoscenza, intesa nella sua accezione negativa, non è figlia di Wikipedia – semmai è a monte – e comunque si batte con maggiore istruzione ed un percorso di alfabettizzazione, informatica e non, di lungo periodo.
Personalmente uso Wikipedia spessissimo anche per ricerche di una certa importanza, ma credo di sapermi districare e chiaramente mi rivolgo anche altrove. Credo che la quasi totalità delle persone con istruzione medio-alta e buona conoscenza della rete conoscano i limiti dell’enciclopedia libera. Per gli altri i problemi sono altri e non è demonizzando il “lavoro di Wales” che risolveremo la situazione.
Luca, ho condensato una serie di pensieri derivanti dalle reazioni al mio pezzo in un followup che trovi su oggi.
Lancio un solo spunto: se anche le fonti venissero prodotte col metodo wiki? Il modello wiki applicato alla conoscenza funziona – quando funziona – solo se fuori c’è qualcosa che continua a lavorare seguendo criteri totalmente opposti. Non possiamo vivere di solo Wiki.
Attenzione però a non confondere il “metodo wiki” (testi modificabili) con il “metodo wikipedia” (testi modificabili da chiunque). Di per sé, lo strumento wiki è neutro, e può essere usato per fare metodo scientifico: non è detto che l’unico modello sia “lo scienziato A scrive un articolo affermando X; lo scienziato B scrive un articolo ampliando e modificando in parte X e ottenendo Y; lo scienziato C scrive un articolo affermando Z in contrapposizione con X e Y” e così via. X, Y e Z possono anche essere parte di un’opera in fieri.
(ho continuato la discussione su Voices: chi è interessato può andare a http://voices.telecomitaliahub.it/2012/02/wikipedia-il-metodo-scientifico-e-il-metodo-enciclopedico/ )