Può piacere o meno, ma innegabilmente Jeremy Rifkin ha delle intuizioni editoriali forti. Questa sua Civiltà dell’empatia lo dimostra ancora una volta.
L’idea è di ricostruire la storia dell’umanità non come insieme di conflitti e competizioni, ma attraverso le vicende che hanno portato la specie umana a sviluppare le forme di collaborazione che l’hanno resa capace non solo di sopravvivere ma anche di dominare il pianeta.
Forme di collaborazione che peraltro sono cresciute in un modo tale da sviluppare anche un’entropia crescente, a sua volta capace di mettere a rischio la sopravvivenza stessa del pianeta.
L’umanità è naturalmente collaborativa, come dimostra la scoperta dei neuroni-specchio, dice Rifkin. Ma la struttura che ha creato per collaborare è tecnicamente entropica. La contraddizione si scioglie solo facendo un passo avanti nell’empatia. Un passo epocale.
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