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Google Video: la legge italiana complica il mondo

E quindi le piattaforme che consentono agli utenti di pubblicare quello che vogliono online diventano responsabili delle eventuali violazioni commesse dagli utenti stessi? Un giudice italiano ha deciso che sì. E questo genera conseguenze giuridiche globali.

Il giudice Oscar Magi
– quello di Abu Omar – ha condannato alcuni responsabili di Google
Italia per violazione della legge sulla privacy, in riferimento al
video sul bambino affetto dalla sindrome di Down pubblicato su Google
Video, mentre li ha assolti dalle accuse di diffamazione.

In
pratica, sembra di capire, Google avrebbe dovuto ottenere – o far
ottenere dagli autori del video – la liberatoria alla pubblicazione
delle immagini.

La sentenza è di primo grado e non è definitiva.
Ma apre uno scenario molto complicato per tutti i provider di accesso a
internet e soprattutto le piattaforme che consentono la pubblicazione
di materiali informativi (soprattutto ma non necessariamente solo) in
video da parte degli utenti.

Se fosse portata alle sue
conseguenze, questa sentenza significa che prima di pubblicare
qualunque cosa riguardi terzi su Twitter, Flickr, YouTube, Facebook, un
utente dovrebbe ottenere la liberatoria dai terzi stessi e se non lo fa
anche le piattaforme sono responsabili. Le piattaforme dovrebbero dunque in
questo senso vigilare su quanto gli utenti pubblicano.

Potrebbe essere un colpo molto difficile da sopportare per il mondo degli user generated content. A questa sentenza potrebbero fare riferimento molti altri soggetti interessati a che la rete non possa essere il luogo della libertà di informazione – con i suoi pregi e difetti, con i suoi rischi e le sue opportunità.

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  • La sensazione è sconfortante, credo che tutti i poteri,legislativo, esecutivo e giudiziario abbiano ben poco chiara (e forse non vogliono chiarire) la “modernità”. Forse il diritto romano non aiuta, spesso manca il buon senso. E lo scenario futuro si fa sempre più torbido.

  • Quantomeno strano il fatto che, pochi giorni prima dell’attesa sentenza, sia balzata agli onori della cronaca la notizia sul gruppo di fb, tanto folle da sembrare costruito ad arte, “tiro al bersaglio sui bambini down”. La natura trollistica di questo gruppo era già stata sottolineata ad esempio qui http://bit.ly/cuTtHe ; ora viene il sospetto che avesse degli obiettivi che trascendevano il servizio di apertura di studio aperto.

  • E’ da un po’ che ci si aspettava l’esito di questa sentenza che seppure non è definitiva punta gli occhi su di una discussione che è restata sempre in evasa questi ultimi anni. Chi controlla i contenuti? Tocca davvero far diventare tutti i servizi di sharing dei mega broadcaster televisivi con le stesse regole?

  • Siamo sicuri sicuri sicuri che YT avesse fatto tutto a norma ? (senza vedere le carte)
    Se io apro un ufficio in USA e gestisco un web per il mercato USA e non metto i contatti per la DMCA (Digital Millenium Copyright Act), come previsto dalla legge, e se qualcuno usa il mio sito per piratare, cosa mi succede ?
    questo e’ sufficiente per dire che negli USA e’ a rischio la comunicazione su Internet o ancora che e’ vietata la commercializzazione di contenuti ?
    o forse, sbarcando in un paese e non adeguandomi alle norme, avrei io mancato il rispetto ad una legge del paese ?
    possiamo giudicare senza conoscere i fatti ?
    solo perche’ un giudice parla di Internet, deve per forza sbagliare ?

  • bè se però la norma è quella di far firmare una liberatoria sulla privacy per ogni video caricato su youtube, adeguarsi alla norma significa chiudere il servizio.

  • ovviamente, oltre che da BBC World News, la notizia è stata data anche da al jazeera english. I regimi dittatoriali saranno contenti: se Youtube non si uniforma alle loro leggi sulla “libertà” di opinione, i dirigenti di Youtube-Google saranno condannati! Il diritto italiano renderà contenti i potenti di Corea del Nord, Cuba, Libia, ecc…

  • Come dice giustamente Dario Salvelli (che mi ha ispirato un post scritto di getto come pochi ne capitano), la domanda è sempre quella: chi controlla i contenuti? A cui se ne aggiunge subito un’altra: chi contiene i controllori?

  • Beh, le sentenze italiane di primo grado non fanno giurisprudenza e tantomeno legislazione. Aspettiamo il secondo grado e la cassazione. Io non mi preoccuperei.
    Quanto ai giudici italiani, chi dice che hanno la tendenza di gruppo di “allargarsi” non lo dice solo perchè fanno inchieste “politiche”, mi sembra ormai sia chiaro a tutti.
    Quanto al gruppo di FB, non c’è bisogno di immaginare menti raffinatissime e complottanti al lavoro, blockheads happen.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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