La revisione delle regole sulla privacy in Facebook, in corso da qualche tempo, non è un argomento interessante per chi usa quella piattaforma, tanto che l’azienda terrà conto dei commenti degli utenti ma non sottoporrà la decisione a votazione visto che gli intervenuti non hanno raggiunto il numero minimo richiesto di 7mila. Su centinaia di milioni…
Intanto, la Bbc segnala che degli impiegati della T-mobile hanno venduto dati riservati su migliaia di clienti a broker interessati a rivenderli. Eppure non sembra che sia nato uno scandalo enorme. Giusto un po’.
La privacy non appassiona. Anche se è una premessa fondamentale di libertà. Oppure interessa ma non appassionano le regole e le leggi che dovrebbero salvaguardarla: anche perché alla luce dei fatti (come quello della T-mobile) possono sembrare formalmente pesanti e sostanzialmente poco incisive.
Una maggiore consapevolezza in materia in un contesto del genere sarebbe l’unica difesa. Col rischio che però diventi un freno alla spontaneità. Perché è purtroppo è proprio nei comportamenti spontanei che gli invasori della privacy trovano qualcosa di interessante per loro. E dunque anche un’evoluzione delle regole è necessaria: per creare spazi difesi davvero e che consentano relazioni libere.
È anche da dire che io mi sono accorto che c’era questa proposta solo dopo che sono per caso entrato nella pagina della posta, ho scoperto che c’era un update a una pagina, e ho letto il messaggio “peccato, il tempo è scaduto”. Insomma, non è che avessero fatto così tanta pubblicità…
Il fatto che il tema della privacy interessi solo 7mila di FB su centinaia di migliaia, mi sembra del tutto inverosimile.
Confermo quanto dice .mau.: anche io NON mi sono trovato nella condizione di ignorare un messaggio insistentemente ripetuto per almeno un mese, da parte dello staff di Facebook, che mi segnalava l’opportunita’ di prendere parte a questa importante discussione.