Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
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Domenica, 15 ottobre 2006
 

Il tempo è vita

Mauro Lupi discute del tempo. E cita un pezzo che avevo scritto per Nòva e che non riusciva a trovare. Eccolo:

L'INTERRUZIONE È IL MESSAGGIO

I segnali si moltiplicano. La connessione sempre e dovunque - via cellulare, mail, sms - sta superando il livello di guardia. Il lamento è sempre più frequente. Non esiste conversazione che non sia spezzata dall'arrivo di un nuovo messaggio. Non esiste un momento di dialogo esente da squilli di telefonino. Non c'è comunicazione che ottenga la piena attenzione degli interlocutori. Secondo il "New Scientist", la produttività in ufficio è messa seriamente in discussione da un flusso incessante di segnali che tentano di raggiungere chi lavora con ogni mezzo, fisico e digitale. Thomas Friedman, editorialista del "New York Times", ha persino proposto una visione epocale: dopo l'epoca dell'informazione, oggi siamo entrati nell'"era dell'interruzione".

Victor Gonzáles e Gloria Mark, ricercatori all'università di California, Irvine, hanno condotto uno studio dedicato alla multidimensionalità dell'attività di comunicazione in ufficio. Di fatto si è trattato di seguire una serie di giornate di lavoro e registrare le diverse forme di interazione degli impiegati con interlocutori esterni e interni, via mail, telefono, messaggistica, riunioni fisiche e in videoconferenza. Mark ha osservato che in media il lavoro è interrotto una volta ogni tre minuti. Si direbbe che per portare a termine un compito che richieda attenzione e concentrazione occorra lavorare alla mattina presto, la sera tardi o nel weekend.

Ma il problema non è solo l'interruzione. Perché questo potrebbe essere risolto con l'organizzazione: per esempio, cercando di spezzettare in segmenti di tempo molto brevi tutte le forme di comunicazione. Oppure evitando di tener conto dei nuovi interlocutori che si presentano prima di aver concluso la conversazione in atto. In realtà, il fenomeno più grave è che ogni singola comunicazione viene svolta mentre si gestisce l'arrivo di un'altra. Spesso, addirittura, si tengono più comunicazioni contemporaneamente.

La tecnologia ha creato questa situazione moltiplicando le forme di accesso e di connessione. L'etichetta di ogni forma di comunicazione, peraltro, prevede la sua specifica norma di comportamento: una risposta a una mail o a un sms è obbligatoria, anche se non necessariamente immediata; una persona che bussa alla porta o che entra in ufficio si deve ascoltare al più presto; una chiamata si prende subito, anche quando si ha davanti qualcuno. I soli a poter vivere relativamente tranquilli sono coloro che possono contare sul lavoro di un assistente che gestisca almeno le chiamate. Ne emerge che la tecnologia deve trovare il modo di automatizzare lo smistamento delle chiamate e organizzare le forme di connessione per la gran parte degli impiegati in modo analogo a quello che riescono a fare gli assistenti dei grandi capi aziendali.

L'integrazione delle forme di messaggistica è una delle linee di ricerca e sviluppo di molte di aziende, dall'Ibm alla Nortel, dalla Cisco alla Microsoft, che tra l'altro ha appena annunciato l'avvio di uno sviluppo in comune con Motorola per lavorare su questo tema. Impossibile ricordare tutte le iniziative in questo senso. Di certo è un bene che siano in molti a pensarci: perché si tratta di un bisogno vero.

A proposito: questo articolo è stato anche un esperimento. Quante interruzioni si sono inserite nel tempo richiesto dalla scrittura di questo pezzo? Ho tenuto il conto. E il numero è 39. Più di una ogni tre minuti. Gonzáles e Mark hanno ragione.

Morale. Il tempo lineare è assediato dal tempo caotico.

Il tempo lineare era adatto agli orari di lavoro e tempo libero della società industriale. Il tempo caotico è quello della società dell'informazione, nella quale siamo immersi in ogni momento della giornata.

Ma a questo proposito: il tempo dell'utilità deve lasciare il posto al tempo dell'esperienza.

Al posto del tempo libero, destinato al consumo, vorrei il tempo da liberare destinato alle relazioni con gli altri, l'ambiente, la cultura. Il tempo delle relazioni gratuite.

Vedi anche Angolo acuto.


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Altre note a margine della proposta di riforma della tv

Nota/1

Ricordate?

La corte costituzionale diceva: nella tv ci sono posizioni dominanti in Italia. E comandava, tra l'altro: una rete di Mediaset deve andare sul satellite.

Non hanno fatto nulla per un po'. Poi quando si avvicinava la scadenza, in tutta fretta, uscita la legge Gasparri che, tra l'altro, diceva: poiché sta per arrivare il digitale terrestre che libera il mercato e cambia tutto è inutile fare andare Retequattro sul satellite adesso.

Chiedevano gli osservatori: "Ma quando arriva il digitale terrestre"? Subito! Entro il 2006, promettevano Gasparri e gli avvocati del suo datore di lavoro. "Ma siamo sicuri"? Come no? Adesso finanziamo anche i decoder!

Adesso l'opposizione-azienda protesta perché una loro rete, come una di Rai e una di Telecom Italia, dovrebbe andare sul digitale entro il 2009. L'incoerenza è palese. Il disegno Gentiloni da questo punto di vista è giusto. Segnalo il post di Massimo Cavazzini. Da seguire quello che scrive Francesco Soro.

Nota/2

Grazie a Stefano Quintarelli, grazie a un articolo di Marco Mele sul Sole24Ore, grazie al dibatitto a lungo avviato in rete: sappiamo che nelle televisioni digitali si potrebbe arrivare a una società di rete che si occupi delle trasmissioni di tutti gli editori. Specializzazione orizzontale: chi si occupa di antenne, frequenze, tecnologie di trasmissione; chi si occupa di impacchettare programmi; chi si occupa di artisti, idee, forme espressive... Come sarebbe giusto fosse nelle telecomunicazioni: accesso, servizio, contenuti... Si direbbe che la cultura della specializzazione orizzontale, quella di internet stia facendo breccia in settori che ne erano molto lontani solo qualche anno fa.

Forse è questo l'aspetto più rilevante di tutti: quando l'avidità di tutti si sarà scontrata con regole di tipo europeo e con risorse di tipo limitato, questa sarà la soluzione migliore per tutti...

Nota/3

Osservo che la televisione a palinsesto lineare resiste. E il video partecipato alla YouTube avanza a passi da gigante. Per i ragazzi, per stare al passo occorreva semplicemente restare aggiornati sul mondo Mtv; adesso si è fighi se si trova un video nuovo su YouTube e lo si segnala agli amici. E' un divertimento diverso, un gioco di aggregazione nuovo... La nuova tv sta prendendo piede. E non se ne andrà.

Molto interessante seguire tutti gli sviluppi della tv partecipata. Michael Arrigton racconta di aver sentito parlare Niklas Zennstrom e Janus Friis, i fondatori di Kazaa e Skype, sulla tv del futuro. Niklas Zennstrom e Janus Friis hanno in mente di fare il peer-to-peer della televisione e lo hanno chiamato Venice project. Per quanto capisco è segreto, promettente e da prendere con le molle: YouTube c'è già. (Ma a Venice il cuore batte sempre forte :-)

La tv "top-down" si difende con l'alta definizione. La tv "bottom-up" attacca con la partecipazione. La sintesi sarà un mix. Ma il mix sarà diverso dalla dominanza manipolatoria assolutamente inattaccabile della tv degli ultimi decenni del secolo scorso.

Per questo, nel disegno di Gentiloni, è sacrosanto l'accenno all'Auditel. La società che domina le statistiche sul tempo degli italiani deve cambiare missione e dunque deve cambiare il suo gruppo di controllo: non più i due colossi della vecchia tv che con l'Auditel continuano a far credere agli inserzionisti pubblicitari di controllare il palinsesto della vita quotidiana degli italiani; un Auditel aperto a tutti gli operatori, però, dovrà studiare secondo me tutto il tempo mediatico degli italiani (o almeno tutto il tempo video degli italiani). E non dimenticare YouTube...

Ma queste erano solo note a margine. Mi scuso perché sono un po' confuse. Sto andando di corsa a prendere il treno: vado alla Biennale di Architettura, a Venezia.


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