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Agenda digitale, startup… Lamenti e passi avanti

Dopo anni e anni di nulla di fatto, i due più recenti governi hanno realizzato qualche passo avanti sull’agenda digitale e le startup. Questo ha alimentato le aspettative, precedentemente compresse dall’inerzia di Stato. E a fronte di grandi aspettative i risultati generano un po’ di soddisfazione e molta lamentazione. Aprendo la strada anche alle richieste più disparate.

Non è facile guardare alla situazione italiana sul digitale senza scoramento. Siamo indietro su tutti i fronti, come dimostra lo scoreboard della Commissione. E se c’è un paese che ha bisogno di un’accelerata modernizzazione è proprio l’Italia. Letta ha detto che l’agenda digitale è “la riforma dello stato”. Caio ha dato una scossa ai programmi su anagrafe, fatturazione elettronica, identità digitale. E nel suo rapporto ha detto che accelerando drasticamente l’infrastrutturazione possiamo pensare di raggiungere almeno in parte gli obiettivi sulla disponibilità di banda larga previsti dal progetto Europa2020. Avviate in precedenza, le nuove regole per la filiera delle startup sembrano effettivamente aver dato un impulso a una delle più importanti strategie che abbiamo per migliorare crescita, occupazione e innovatività del sistema economico. Ma di certo tutto questo non basta.

Il venture capital va alimentato. La strutturazione di un’architettura internettiana dello stato va avviata con una determinazione eccezionale. L’alfabetizzazione funzionale va presa come un’emergenza vera. Sanità, turismo, trasporti vanno affrontati con progettualità empirica e forte. Le smart city non possono restare un insieme di bandi lasciati a metà. La disponibilità di banda larga non può restare un sogno da contrattare miglio per miglio con le varie telco.

Occorre una visione che sia di tutti, non di un governo o dell’altro. Non si fa agenda digitale se non pensandola come una strategia vera di tutti gli italiani, di tutti i partiti, di tutto il sistema. E’ possibile, in un periodo di riforme, considerare che ci siano politiche che non servono a questo o a quel potente ma servono proprio alla modernizzazione del paese?

Sì. Occorre una visione. Occorre dirla con trasparenza e chiarezza. Occorre trovare l’accordo di tutti.

Non è detto che ci si riesca, se non c’è leadership. Da dove può emergere?

C’è un fenomeno che potrebbe incoraggiarci. Il tema delle startup è arrivato fino a un certo punto. Il capitolo dedicato alle strategie territoriali è rimasto una lettera d’intenti. Ma le regioni ci stanno pensando. E le regioni possono farne una loro battaglia perché la politica territoriale è la politica della domanda di innovazione.

Mentre il governo si dibatte nelle sue difficoltà, le regioni possono prendere in mano il pallino e imporre la prossima accelerazione. Regioni governate da partiti di destra e di sinistra lo stanno facendo. E possono convincere gli italiani che non si tratta di una questione di parte, ma di tutti. Fino a che non emergerà una leadership in grado di dare corpo alla strategia per il paese.

Sogni? Può darsi. Ma talvolta ci vogliono anche quelli.

ps. Disclosure. Ho fatto parte della task force per modernizzare la legislazione a favore delle startup all’epoca del governo Monti e dell’unità di missione sull’agenda digitale all’inizio del governo Letta. Partecipo al comitato scientifico per l’agenda digitale dell’Emilia Romagna. Lo faccio da intellettuale. E spero di dare una mano, per quello che sono capace. Mi rendo conto che non è abbastanza. Bisogna parlare più forte. E a parlare dobbiamo essere più numerosi. Ma bisogna parlare degli interessi di tutti: l’agenda digitale non la fanno le lobby ma i cittadini che riconoscono il tema e influenzano l’emergere di una visione, cui una leadership deve dare corpo. Imho.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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