Home » media » I bambini nel mondo degli smartphone e tablet
media perplessità

I bambini nel mondo degli smartphone e tablet

Come ogni cosa nuova nel mondo dei media, anche i tablet e gli smartphone sono entrati nello spazio dell’inquietudine. Ma più di ogni altro mezzo di comunicazione sono stati adottati velocemente nelle società affluenti. E poiché coinvolgono profondamente le dinamiche cognitive, qualcuno si preoccupa delle loro conseguenze educative.

Non abbiamo per ora molti riscontri empirici. Hanna Rosin ha scritto in proposito un pezzo da leggere per The Atlantic.

Il potere di coinvolgimento degli schermi touch è enorme. Il cervello si estende con questi strumenti utilizzando le mani e dunque stabilendo una relazione più diretta e immediata con i servizi e i contenuti offerti.

La novità del fenomeno è tale che la fiducia appare legata da un lato all’ignoranza dei pericoli e dall’altro all’ignoranza dei vantaggi. Emergeranno servizi e contenuti più attenti alle esigenze dei bambini e dei pedagogisti. Per ora la situazione è piuttosto casuale.

Ma un punto si può già fare. Non stiamo parlando di macchine che arrivano alla società tradizionale e neppure alla società delle istituzioni educative perfette. Entrano in campo in una società fortemente influenzata da alcuni decenni di dominio della televisione.

I pericoli della tv e i vantaggi della tv sono ormai piuttosto conosciuti. Non si può affermare che si tratti di un mezzo particolarmente valido per l’approfondimento delle informazioni che fornisce e la qualità del pensiero che coltiva. Anzi, la sua struttura decisamente commerciale, orientata essenzialmente alla vendita di attenzione ai pubblicitari, non è la migliore garanzia del suo apporto educativo. Inoltre, la postura passiva dello spettatore della tv, è piuttosto criticabile: anche se, va assolutamente notato, molti bambini si sono sempre dimostrati orientati a mantenersi attivi anche davanti alla tv, dedicandole solo il livello di attenzione che ritenevano meritasse e mantenendosi in gioco anche con altri strumenti mentre la guardavano. Smartphone e tablet sono più coinvolgenti, probabilmente, ma anche più capaci di sostenere atteggiamenti attivi nell’interazione.

Le informazioni empiriche, come detto, mancano. E manca una buona e accettata selezione delle offerte pedagogicamente più consapevoli. Ma un fatto è chiaro: gli strumenti touch non vanno valutati come se esistessero in assoluto, ma vanno paragonati alla condizione educativa – o diseducativa – esistente negli ambienti nei quali è acceso uno schermo televisivo.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

  • “coinvolgono profondamente le dinamiche cognitive …”

    La Touch Screen Generation

    La diffusione molecolare dell’informazione è resa possibile con terminali portatili connessi alla rete, infatti gli utenti possono usufruire di una pluralità di dispositivi intelligenti, integrati nei più svariati tipi device mobili capaci di riconoscere e rispondere ininterrottamente in modo discreto e invisibile.Tutto ciò favorisce user-empowerment degli utenti.
    La banda larga ora ultra con il 4G Lte insieme al versatile protocollo IP consentirà cio che alcuni autori chiamano IPinformation.
    La IPinfo è :
    • Ubiqua
    • Interattività
    • Interoperabile
    • Multipiattaforma
    • Always on
    • Multidevice
    • Nomadica
    • Mobile

    La IPinfo favorisce lo sviluppo dell’ ugc ( user generated contents ), del video-audio sharing e la comunicazione virale e condivisa.
    In tale contesto dove al centro risulta l’utente e non l’informazione, vengono spinte la multipersonalità, il multiruolo, la creatività e le emozioni.
    l’ nternauta web2.0 deve velocemente adattarsi ad una mutazione che allo stesso tempo è cognitiva, comunicativa e sociale, sotto l’incalzare dell’ IPinformation.
    La Touch Screen Generation è già pronta e noi ?

  • Apprezzo il tono esplorativo del pezzo, con la difficilissima prospettiva del monitoraggio: peraltro, al di là dei numerosi miracoli individuali (e degli slogan istituzionali) le scuole in grado di offrire didattica interattiva sono davvero poche, in Italia. Mentre in altre realtà si fa sperimentazione su altri target ed altri numeri, con un realismo anche questo da valutare: http://www.nytimes.com/2013/03/18/world/middleeast/uae-makes-huge-investment-in-education-and-technology.html?_r=0

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi