Dicevamo che è difficile cambiare l’Italia. Cercavamo un approccio per porre il problema. E cercavamo sensori per capire se qualcuno nel mondo politico che si sta preparando alle elezioni parla con chiarezza di queste cose.
In sintesi:
1. Abbiamo bisogno di una roadmap che consenta di attivare un percorso di crescita all’interno del necessario sistema di compatibilità. Ma crescita e rigore stanno insieme sono se si innova
2. Il paese è invischiato in un insieme di piccole e grandi posizioni di rendita, da quelle delle mille categorie protette a quelle dell’illegalità protetta (evasione fiscale, lavoro nero, abusivismo edilizio, ecc) che generano una società orientata alla conservazione e contraria all’innovazione
3. Il rinnovamento politico in effetti avanza, ma a piccoli passi, forse troppo piccoli per la grandezza del compito. E senza una grande visione che servirebbe a motivare all’impegno di tutti.
Che si fa? Intanto seguiamo la campagna elettorale. E cerchiamo di farci un’idea di quello che succederà.
Leggendo l’interessantissimo libro di Nassim Taleb, Antifragile: Things that Gain from Disorder, ci si conforta nell’idea che un sistema complesso, come qualuque società umana, non si governa con misure complicate.
Ma la semplicità non è banalizzazione. E’ il frutto di un’enorme consapevolezza. Che in politica si traduce in grande umiltà e spirito di servizio.
Le conseguenze di queste osservazioni sono piuttosto interessanti per seguire la campagna elettorale.
Si ha l’impressione che la necessità pratica di conquistare in fretta consenso porti i candidati a cercare di dare l’impressione di avere le idee chiare e forti. Macinando quelle idee e quelle impressioni, i media tendono a generare l’immagine di un dibattito orientato alla banalizzazione. Sono le premesse dell’impressione diffusa di populismo, di demagogia, di scetticismo. Eppure gli italiani sono ancora aperti a vedere se questa volta salta fuori qualcosa di nuovo davvero. Eppure il prossimo governo potrebbe avere una forza parlamentare abbastanza grande da consentire una certa stabilità e dunque da consentire un percorso che arrivi al consenso senza l’ansia di ottenerlo immediatamente. Eppure se si spiegasse il percorso da compiere comunicando una roadmap, almeno un abbozzo di roadmap, probabilmente gli italiani riuscirebbero a riconoscere valore in chi la propone.
Se questo fosse vero si potrebbe fare una campagna orientata al lungo termine e non al breve. E sarebbe una grandissima novità. Il modo per dare una visione. Che è proprio quello di cui c’è bisogno.
Inoltre, se questo fosse vero la roadmap si potrebbe fare in modo partecipato, coinvolgendo la società civile non soltanto a livello di candidature parlamentari: ma garantendo a quelle candidature di non essere destinate a fare il solito lavoro di bassa manovalanza legislativa, ma di rappresentanza vera delle istanze emerse dalla partecipazione.
Molte tra le persone che stanno entrando per la prima volta nel Palazzo sono un’enorme risorsa. Non hanno privilegi acquisiti da difendere. Hanno voglia e capacità per contribuire al rinnovamento. L’occasione non deve assolutamente essere sprecata. Per ottenere questo risultato occorre un metodo di lavoro che le valorizzi.
E’ del tutto possibile. Ma non è facile essere semplici. Imho.
Vedi anche:
Recensione NYTimes al libro di Nassim Taleb
Un contributo di Fuggetta sull’agenda digitale
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