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Il confine della repubblica delle idee

Il caso Apple v. Samsung ha evidenziato come il tema della proprietà intellettuale si sia fatto complesso e quindi richieda un pensiero più sofisticato. Il che avverrà trovando un contesto più adeguato per la riflessione che resta da fare.

Finora i contesti che contano sono quelli legale, economico, tecnologico.

Le cause legali hanno il pregio e il difetto di basarsi su fatti e quindi se si applicano alla proprietà intellettuale cercano di vedere quali siano i brevetti infranti o i design copiati: nei fatti le grandi aziende tendono a dotarsi di un enorme portafoglio di brevetti per potersi confrontare con le altre grandi azienda da una posizione di forza; ma il sistema nella sua interpretazione attuale non è poi tanto favorevole alle piccole aziende. Le logiche economiche impongono a chi non abbia la proprietà di un’idea di pagare una royalty per poterla usare: il che apre alla tentazione di vivere della rendita di quanto fatto in passato per innovare e di rallentare l’ulteriore innovazione quando mette a rischio quella rendita (vedi quello che afferma Peter Wilby). La pratica tecnologica dice che le idee si accumulano e che la nuova combinazione di soluzioni note può essere fotografata come un nuovo oggetto e dunque una nuova possibile proprietà intellettuale: molte idee si accumulano in base a una pratica che avviene nel territorio culturale dei beni comuni, nel pubblico dominio, e non è sempre giusto o facile recintare una parte del pubblico dominio per destinarlo a proprietà intellettuale.

Di fatto il nuovo contesto della proprietà intellettuale è la cultura in senso allargato e non specialistico. Riguarda storie e narrazioni nuove che si applicano a tecnologie vecchie o rinnovate. Riguarda relazioni costruttive tra innovatori e scienziati che si impoveriscono quando diventano proprietà invece che semplicemente collaborazione. Riguarda la salvaguardia dell’innovazione che è stata fatta ma anche la salvaguardia dell’innovazione che sarà fatta in futuro.

Sarebbe assurdo impedire a un’azienda come la Apple di essere premiata per le straordinarie innovazioni che ha portato. E aveva dato una sensazione di ingiustizia l’osservare a suo tempo come la Microsoft si sia avvantaggiata di tante innovazioni della Apple senza restituire qualcosa. Ma la vittoria – per ora – sulla Samsung fa riflettere anche su un altro punto. Quando la Apple ha inventato nuove categorie culturali non ha solo prodotto nuovi oggetti di consumo: ha anche aperto nuove strade alla conoscenza comune. E su quelle strade devono poter camminare anche tutti i futuri innovatori.

La concezione della proprietà intellettuale nel nuovo contesto dell’economia della conoscenza, dunque nel paradigma culturale più ampio che sta evolvendo, deve cercare un nuovo equilibrio tra il premio a chi ha innovato e la libertà per chi vuole competere innovando ulteriormente.

Quell’equilibrio si trova probabilmente là dove la conoscenza comune può lasciare uno spazio alle recinzioni proprietarie senza esserne impoverita: al confine della repubblica delle idee.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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