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Giovedì, 28 febbraio 2008
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Mi scuso: non si parla male di una categoria
Vorrei scusarmi subito per il post precedente. Ho ingiustamente criticato gli analisti finanziari commettendo
l'errore che vorrei sempre evitare: generalizzare un giudizio su una
categoria.
E' chiaro che i giornalisti come categoria non hanno nulla da
insegnare agli analisti come categoria. Mi dispiace di avere fatto
questo errore e ne chiedo scusa ai lettori che se ne sono giustamente adombrati.
Il problema non è la categoria degli analisti e ovviamente non sono le persone degli analisti. Il problema è il rapporto tra la logica finanziaria e l'innovazione. In particolare, tra la logica borsistica e l'innovazione. Il problema è che qualche volta la logica finanziaria e borsistica procedono per linee interpretative completamente autoreferenziali e non tengono conto dei fatti reali. Le bolle, quella del 1998-2000, come quella dell'anno scorso su titoli come quello di Google, sono frutto di errori di valutazione, ma soprattutto di logiche che si generano sul mercato e che non fanno bene. Anzi fanno male.
Naturalmente, è perfettamente possibile che anche la borsa sostenga l'innovazione. Ma la domanda che mi pongo è questa: come si fa a garantire che la finanza e la borsa restino al servizio dell'innovazione, invece di trasformarla in un loro strumento?
Vediamo solo un esempio. Durante la bolla del 1998-2000 le azioni Amazon andavano benissimo nonostante che la società fosse in perdita perenne. Henry Blodget disse che sarebbero arrivate a 400 dollari: aveva ragione a prevederlo, perché in effetti il titolo raggiunse quella quota, ma aveva torto a sostenere che c'era una logica reale che la motivava. In quel periodo lo stesso Jeff Bezos, capo di Amazon e persona responsabile, disse che erano valori troppo rischiosi e che un investimento a quel prezzo non era consigliabile per le famiglie e i semplici risparmiatori. Invece, le analisi di quel periodo (a parte qualche eccezione) tendevano a sostenere che quelle valutazioni fossero motivate dalle reali condizioni dell'economia internettiana. Questo spingeva i giornali a dare voce a quelle analisi. Le notizie dei giornali convincevano i risparmiatori. I prezzi salivano e sembravano dimostrare la verità di quanto sostenuto dalle analisi. Che a loro volta si basavano su quello per cercare spiegazioni convincenti del fenomeno e alimentarlo ulteriormente...
E' frutto dell'equivoco secondo il quale il mercato ha ragione.
Quando è così autoreferenziale la logica del mercato finanziario non aiuta a capire quello che succede nella logica
dell'innovazione e che qualche volta la indirizza in una direzione
sbagliata: orientandola verso il tentativo di ottenere un guadagno di breve periodo. Quando questo avviene, il sistema favorisce le bufale che sanno comunicare più di quanto sostenga
le buone idee che non sanno comunicare. In quei casi partono delle
storie incredibili, appunto, con i media al carro degli analisti, i
risparmiatori al carro dei media e gli analisti al carro dei
risparmiatori...
Per questo vorrei capire come si possa spezzare il cerchio senza che a pagare siano i risparmiatori e gli innovatori. Per esempio, separando il sistema incentivante
dei ceo dall'andamento del titolo in borsa. Ma è solo una delle
possibili idee. Serve essenzialmente per costringere i ceo a prendere delle decisioni orientate alle qualità delle persone che fanno parte delle loro aziende, alla soddisfazione dei clienti, all'innovatività delle loro strategie, senza trincerarsi dietro le richieste conformiste dei metodi di valutazione che di volta in volta si fanno strada nel sistema complesso delle analisi finanziarie.
Ma ci sono ormai anche altre logiche finanziarie. Quelle del seed capital. Quelle delle fondazioni. Quelle delle incentivazioni europee. Nessuna è perfetta. La diversità aiuterà a fare emergere un sistema migliore.
Mi scuso ancora per aver parlato di una categoria (che
come tutte è popolata di ottimi professionisti) quando volevo parlare
di una logica.
6:27:45 PM
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Google, Microsoft e gli analisti
Bizzarrie degli analisti. Una diminuzione dello 0,3% dei click sulle inserzioni di Google ha provocato una diminuzione del 4,6% del valore delle azioni di Google. Gli analisti hanno penalizzato Google anche perché ha aumentato le entrate del 52% (52%!!!) mentre loro si aspettavano un aumento del 55%. (Come dice il Financial Times: "Google has been hit by disappointing fourth-quarter earnings as
revenues rose 52 per cent compared with analysts[base '] expectations of 55
per cent"). C'è qualcosa di bizzarro. Come era bizzarro il valore raggiunto qualche mese fa da Google. E come è bizzarro che un tipo come Henry Blodget sia ancora un analista ascoltato.
Intanto Microsoft deve pagare 899 milioni di euro per non aver eseguito gli ordini dell'antitrust europea. E se alla fine dovesse comprare Yahoo! finirebbe per indebitarsi. Dimostrando di aver capito che deve imparare in fretta come si lavora all'epoca di internet. Il primo fatto deriva forse da un atteggiamento autoreferenziale. Il secondo probabilmente dalla scoperta che questa autoreferenzialità non paga sul web.
In entrambi i casi, peraltro, mi pare che queste aziende intendano andare avanti con le loro strategie senza curarsi troppo di quello che riescono a capire gli analisti. A parte ogni altro errore, questo mi pare giusto.
In materia di innovazione conviene lasciar perdere quello che pensano gli analisti. Sul serio. Gli analisti, loro, tendono a essere davvero autoreferenziali. Per le aziende innovative è meglio andare per la propria strada, fare errori, cercare continuamente strade nuove, ascoltare il pubblico, guardare al lungo termine. E pagare gli amministratori delegati in ragione della soddisfazione dei clienti e, forse, del fatturato, non in ragione del valore di borsa. Imho.
9:35:35 AM
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Horror politics
Antonio Di Pietro gli fa orrore. E George W. Bush gli piace. Il sonno della Ragione, di stato, genera mostri.
9:30:43 AM
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Nel Regno dell'etere
Regio decreto Rai? Anche telefonini e pc servono a ricevere la televisione? Soluzione: una famiglia un canone Rai. Un'azienda un canone Rai. Anche se famiglia o azienda hanno tanti apparecchi per ricevere il segnale, resta sempre un canone.
Problema. E se uno non ha la televisione e ha un apparecchio multifunzionale come un pc ma non lo usa per guardare la televisione? Soluzione: quelli della Rai si mettano il cuore in pace. Si concentrino a fare programmi migliori. E occhio: perché adesso c'è la class action.
9:22:57 AM
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