Nel caos degli ultimi giorni di campagna elettorale, faccio una sorta di riassunto. Con l’umiltà obbligatoria di fronte a una condizione tanto complicata.
La riforma costituzionale è stata scritta così dal Parlamento a causa degli interventi e delle contrattazioni tra le forze politiche che l’hanno votata tre volte. Non avendo raggiunto una maggioranza qualificata, la riforma è dovuta andare al referendum, come dice la costituzione. E ora molte forze politiche che l’hanno approvata in Parlamento propongono agli elettori di bocciarla.
La riforma genererebbe molti cambiamenti. Quelli che riguardano una più razionale distribuzione dei poteri tra Stato e regioni appaiono positivi almeno perché riducono le incertezze. Quelli sul referendum appaiono ragionevoli: più firme meno quorum. Quelli che riguardano il Senato sono abbastanza incomprensibili. E considerando anche la legge elettorale attuale, quelli che riguardano il voto sul governo solo alla Camera sono particolarmente controversi, per qualcuno – come l’Economist – addirittura pericolosi. Ma secondo Romano Prodi “meglio succhiare un osso che un bastone”. Dopo il voto di Indro Montanelli concesso “turandosi il naso” è così nata la nuova metafora del pragmatismo degli italiani insoddisfatti di fronte all’offerta politica.
Il referendum è diventato però un voto sul governo e non sulla riforma elettorale da quando il premier Matteo Renzi ha commesso l’errore – da lui stesso ammesso, pare – di dichiarare che se se vince il no si dimette. Un’ingenuità, una forma di egocentrismo, un errore politico? Di certo, in questo modo, adesso molti italiani non votano sulla costituzione ma sul governo.
In questa prospettiva falsata emergono momenti di comicità tragica: Silvio Berlusconi che dice che il “sì” sarebbe pericoloso per la democrazia, o Massimo D’Alema che dice che il “sì” sarebbe favorevole alla casta. Da quali pulpiti.
In realtà, a questo punto si è creata una tale incertezza che il voto è diventato una questione di stabilità internazionale. Sulla quale si dividono le opinioni tra i catastrofisti e quelli che pensano che succederà meno del temuto. Non è una condizione nella quale si doveva mettere i paese. Ma ci siamo. E dovremo scegliere, tra le macerie della qualità del dibattito e i cocci del buon senso. Quello che farà chi scrive è del tutto irrilevante. Ma qualunque sia il risultato, dal giorno dopo, dovremo impegnarci a ricostruire. Imho.
Vedi:
Il referendum dei masochisti
Sì, no, non so, non ho capito
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