Con il massimo dell’umiltà richiesto da un tema come questo, intervengo sulle sollecitazioni provenienti dal Parlamento Europeo agli stati in tema di matrimonio tra persone dello stesso sesso. La polemica italiana in materia è stata condotta da posizioni preconcette, come spesso succede. Ma i preconcetti non rendono giustizia alla molteplicità dei punti di vista, alla qualità del ragionamento, alla sensibilità delle persone coinvolte. Tento di offrire uno spunto di riflessione avendo speso i primi anni della mia vita professionale come ricercatore – tra la Bocconi, l’École des Hautes Études en Sciences Sociales e gli archivi di Venezia – focalizzando gli studi sulla storia della famiglia e del matrimonio nell’epoca moderna.
La discussione si concentra essenzialmente sull’opportunità di consentire il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il Parlamento ha stabilito che questo passaggio fa parte dell’innovazione normativa che deve corrispondere alla modernizzazione sociale contemporanea. Il tema peraltro si allarga alla possibilità di formare famiglie e quindi allevare bambini con due genitori dello stesso sesso.
Le opinioni contrarie si appellano a varie forme di diritto naturale o di tradizione religiosa. Le opinioni favorevoli si dichiarano orientate a favorire la libera scelta da parte delle persone. Alcuni stati si arrogano il diritto di decidere che cosa è bene per le persone e la società oppure si dichiarano orientati a lasciar fare.
Il punto è che il matrimonio è un contratto, dal punto di vista dello stato moderno. Ma non è l’unico punto di vista.
In certe religioni è un sacramento. In certe società è una festa. In molti ambienti è un gesto d’amore. Ma non è mescolando i problemi che si risolvono: il contratto, la festa, il sacramento, la relazione d’amore appartengono a dimensioni diverse dell’umano e non è necessario vederle come un unico argomento. Anzi.
L’amore e il matrimonio si sono separati per opera della religione nei paesi cattolici e sono sempre stati separati nei paesi aristocratici. Non esiste un’idea “naturale” del matrimonio: esisteva, in un certo senso, prima della Controriforma nei paesi cattolici, quando bastava la dichiarazione reciproca di amore da parte degli sposi per generare tutte le conseguenze sacramentali del matrimonio che portavano poi a conseguenze contrattuali. La trasformazione del matrimonio in una forma di istituzione sociale destinata a governare le relazioni sociali avviene dopo la Controriforma: è allora che l’autorità religiosa cattolica dichiara valido il matrimonio solo se celebrato davanti a un sacerdote e alla presenza di due testimoni. Non bastano le due persone che si amano a fare un matrimonio: ci vuole anche il prete. Il controllo sociale da parte della gerarchia cattolica diventa più stretto e il matrimonio assume un valore istituzionale più riconoscibile. L’innovazione sociale che avviene attraverso il matrimonio, in quel caso, serve a concentrare il potere politico nella gerarchia cattolica.
D’altra parte, nelle aristocrazie e nei patriziati, cioè ai vertici delle gerarchie sociali dell’età moderna, il matrimonio era stato sempre uno strumento politico che veniva usato per stringere alleanze tra famiglie e gestirne il potere e il patrimonio. Il matrimonio basato sull’amore tra le persone era escluso e comportava l’esclusione della persona dall’aristocrazia, pur con forme diverse nei diversi sistemi. E del resto, l’amore era un tema totalmente separato dal matrimonio, dalla riproduzione e dall’eterosessualità o dall’omosessualità. Solo successivamente, con il progressivo superamento dello stato aristocratico, l’evoluzione sociale ha reso i vertici delle gerarchie sociali più aperti al matrimonio d’amore e meno propensi al matrimonio politico-istituzionale. L’innovazione politica e quella sociale sono andate di pari passo con l’innovazione economica: in quel complesso contesto contemporaneo alla rivoluzione industriale (e alla rivoluzione francese) è progressivamente emersa una concezione del matrimonio più nucleare e meno patriarcale. Una volta che si è sviluppata la vita condotta all’insegna della mobilità sociale e geografica, dell’urbanizzazione, dell’industrializzazione, la stabilità sociale del mondo agricolo e aristocratico ha lasciato il posto a una dinamica sociale e istituzionale ben più complessa: in essa le relazioni tra due persone, l’amore, la procreazione, l’educazione dei figli, l’aiuto agli anziani, l’eredità e la gestione patrimoniale si sono separate, in parte sotto la spinta della contrattualizzazione e in parte sotto la spinta dell’evoluzione dei diritti umani. Allo stesso modo, la dimensione politica si è separata dalla dimensione sociale e da quella economica.
L’evoluzione sociale ha generato già in passato, dunque, grandi cambiamenti nel matrimonio. E ne produrrà altri in futuro.
Ma un fatto è certo. Attualmente, il concetto di matrimonio tende ad avere senso soprattutto per le sue conseguenze contrattuali tra le due persone che si sposano, mentre le responsabilità verso i figli sono sempre meno legate all’esistenza di un matrimonio.
Uno stato che ritenga il matrimonio un contratto utile per regolare le relazioni e il fallimento delle relazioni tra due persone che convivono dovrebbe logicamente pensare che questo contratto serva anche se a convivere sono due persone dello stesso sesso. Ovviamente nessuna religione deve essere obbligata a considerare come sacramento una relazione che non riconosce. Ma non si vede per quale motivo una religione che in una relazione non vede un sacramento dovrebbe impedire a uno stato di riconoscerla come contratto. Del resto, questo aspetto è distinto da qualunque discorso che si appella a una sorta di “diritto naturale”: nessuna interpretazione della “natura” o dell’amore può prevalere su un’altra interpretazione della “natura” o dell’amore, per definizione. I diritti umani prevalgono sulle relazioni “naturali” in molti altri campi e questo – evidentemente più delicato di altri – non può fare eccezione.
La distinzione tra amore, matrimonio, famiglia, generazione ed educazione dei figli dovrebbe diventare più chiara. Se lo diventasse molte polemiche si risolverebbero. Forse.
Vedi: Ricerca Pew “Gay marriage around the world“
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