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Il postumano è umano?

Nella discussione sul post-umano si aggiunge il contributo del numero 361 di Aut-Aut intitolato, in una sorta di gioco di parole, al passaggio dell’attenzione dalla “condizione postmoderna” alla “condizione postumana”. Ne parla Francesco Monico su Doppiozero.

Non occorre riassumere qui. Piuttosto chiosare.

autautPerché uno dei possibili sottotesti è condotto dalla domanda: “il postumano è umano”? Se ci si chiede se una o più entità collettive, incarnate in una costituzione o in una piattaforma digitale, diventino soggetti dell’azione che conta sul destino del pianeta più di quanto non siano le persone, si giunge alla tentazione di immaginare che quelle entità collettive evolvano per via robotica, neuroscientifica e biomedica incidendo sul destino della specie umana fino a fondare una sorta di nuovo “dna” di una specie postumana. Si tratta di entità generate dall’azione umana che però la superano abolendo ciò che c’era di umano nell’uomo? Oppure è semplicemente così che è la specie umana?

Il mito della singularity ha reso molto di moda la premessa di quella domanda. Ma non risponde.

Certo, un Frankenstein come la finanza è lì a dimostrare che un’entità collettiva è davvero in grado di governare il destino del pianeta senza che nessun singolo individuo la possa imbrigliare con le sue scelte: nessuna azione individuale sembra ormai in grado di incidere sulla logica, il funzionamento, le conseguenze della finanza. Soltanto un’altra logica collettiva, costituzionale per esempio, può servire a mettere limiti alla finanza. Sarebbe la premessa di un pensiero capace di avvalorare non per via mitica ma per via fattuale l’idea del postumano. Ma anche questo non risponde alla domanda.

In realtà, la condizione umana sembra proprio essere data dalla capacità di evolvere più di altre specie per via culturale. L’informazione neuronale sembra collaborare con l’informazione genetica nella costruzione della specie e della sua evoluzione. Ma più che nel campo della scienza, qui siamo nel campo della filosofia. O addirittura della fantasia. Del resto, questi “campi” stanno convergendo.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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