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Venerdì, 5 settembre 2008
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La rappresentazione dell'Italia The realistically utopian vision of an Attractive Italy
Il direttore del Sole 24 Ore, Ferruccio de Bortoli, ieri raccontava di come fosse stato colpito da una pubblicità. La Nestlè, azienda multinazionale basata in Svizzera, proprietaria dell'acqua minerale italiana San Pellegrino, la propagandava in Francia con uno spot basato sullo slogan «vivre à l'italienne»... Noi non ci pensiamo di solito. Ma abbiamo qualcosa di attraente che non sappiamo molto definire. Eppure è strategico: ne parlava Richard Szafranski, della Toffler Associates: se l'Italia riuscirà a liberare la sua capacità di essere attraente (per i turisti, per gli investitori, per le intelligenze) sarà pronta per la nuova epoca.
Il primo passo è immaginare che cosa può essere quell'insieme di valori che possono riportarci ad essere attraenti. O più attraenti. E forse a farne una strategia consapevole. Il sociologo Aldo Bonomi dice che un primo passo può essere quello di scegliere una posizione: nel contesto della globalizzazione, non siamo i più piccoli dei grandi; siamo i più grandi dei piccoli. Questo forse ci porrebbe in una condizione di fondo che potrebbe essere caratterizzata da una minore conflittualità e una maggiore armonia. In secondo luogo, alla scala mondiale, abbiamo città piccole e medie ma nessuna megalopoli, anche perché abbiamo sviluppato sistemi territoriali alimentati da piccole e medie imprese, nei quali l'intreccio tra città e campagna si è conformato in modo meno conflittuale che altrove. Ma queste sono le premesse di un vivere all'italiana che andrebbe meglio compreso. Anche per difenderlo da noi stessi, dai nostri conflitti e dalla nostra vena autodistruttiva. Enzo Rullani, economista di un genere molto speciale, dice che la questione della qualità della vita nella città italiana è anche la presa di coscienza di una nostra forma di città. E questa nasce, per esempio, quando ci accorgiamo che non esiste più tanto la differenza tra città e campagna: tutti vivono in modo urbano, dunque in un certo senso abbiamo «città» (o vite cittadine) che si estendono abbracciando anche territori meno densamente popolati, facendo respirare l'insieme. Le megalopoli iperdensamente costruiti sono svantaggiate in termini di qualità della vita se si confrontano con territori urbanizzati ma meno densamente popolati. All'estero si pone il problema di de-densificare le megalopoli: noi siamo involontariamente in vantaggio su questo punto. Del resto, le città aperte alla creatività sono quelle che le persone «vogliono» non quelle che le persone «subiscono». Come le città invisibili di Calvino erano quelle che stanno nelle visioni e nei desideri delle persone. L'esperienza di chi viene in una città italiana dipende molto anche da tutto questo. Il nostro successo nell'attrarre le persone di cui si parlava sopra in Italia, dice Rullani, potrebbe decollare se riusciremo a comprendere che prima di vendere prodotti, noi possiamo vendere le nostre idee. Certo, per farlo bisogna averne...
11:12:40 AM
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Mantova al caso
Oggi, al Festival della Letteratura di Mantova, c'è anche Nassim Nicholas Taleb, quello de Il Cigno nero, il libro dell'esperto di finanza libanese-americano che dice che l'improbabile definisce la nostra vita molto più del prevedibile.
Il libro è divertente. Il tema è sacrosanto: non si può vivere di ovvietà, talvolta è meglio sparigliare. Costruire organizzazioni fatte per tenere sotto controllo la realtà, significa incentivare i pensieri mediocri.
La crisi delle grandi narrazioni ottocentesche, denunciata precocemente dal pensiero post-moderno, è connessa a tutto questo. La spinta ideale e pratica alla sperimentazione ne è una conseguenza logica. Ma non è arrivata alla consapevolezza dei responsabili di molte grandi organizzazioni. Moltissime istituzioni e aziende continuano a preferire il soggetto che non stupisce ma obbedisce. E questo le condanna a essere prese di sorpresa dalla realtà, a non comprenderla fino in fondo, a combatterne gli aspetti più imprevedibili e spesso i più creativi. Quando le cose vanno bene, sembra giustificato. Ma quando vanno male, è necessario aprire la strada all'innovazione che deriva dagli spiriti liberi. Purtroppo questo non si può programmare: accade solo quando i leader e le reti sociali che essi governano sono consapevoli della complessità, non ne hanno paura e pensano che se il mondo va migliorato, qualche cosa bisognerà pur cambiare... Raro. Molto raro.
10:39:06 AM
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1-10-2008; 11:44:15.
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