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Dominici: «La comunicazione è condivisione di conoscenza». Il resto è discussione

libro_dominiciPiero Dominici ha scritto un libro che va letto da chi voglia riflettere con profondità sulla trasformazione culturale e filosofica che attraversa la contemporaneità con l’accelerazione impressa alla dinamica culturale dalle comunicazioni digitali.

Dominici è condotto dalla convinzione secondo la quale la comunicazione non sia un femoneno meramente tecnico o economico o relazionale, ma sia il modo con il quale le persone condividono conoscenza. Insomma: si riconosce la comunicazione dalla sua conseguenza e non dal mezzo attraverso il quale avviene. Se due persone sono connesse ma non condividono conoscenza, allora non comunicano. La connessione è necessaria, non sufficiente. Questo ha conseguenze etiche e organizzative molto rilevanti. E da questa impostazione discendono i diritti e doveri della cittadinanza in rete, secondo Dominici. Perché il conflitto è collegato fondamentalmente alla cattiva gestione delle conoscenze o peggio all’impossibilità di accedere alle conoscenze e a farne, dice Dominici, un uso consapevole e razionale.

La conseguenza di questa impostazione è che l’organizzazione della condivisione della conoscenza è strategica per lo sviluppo culturale e sociale. La comunicazione è parte dell’organizzazione, per Dominici. Non del marketing. E questo è un approccio molto importante. Lo scambio di conoscenza che avviene in un’organizzazione che ha un progetto e uno scopo condiviso e trasparente è molto più credibile e interessante di quanto non sia lo scambio di messaggi in un sistema di relazioni di alterità tra promotore di un’idea e spettatore.

Queste poche righe tagliano un libro complesso come quello di Dominici in modo troppo sbrigativo. Ma era urgente sottolineare la distinzione tra “condizioni di connessione” e “effettivo scambio di conoscenza”. Perché in un paese come il nostro, arretrato sul primo aspetto e distratto sul secondo aspetto, è necessaria una maggiore chiarezza progettuale.

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  • […] più in generale, l’esigenza forte di quella che, più volte in passato, abbiamo evocato come “nuova cultura della comunicazione”. Allo stesso tempo, è urgente che cresca, sempre più rapidamente, la consapevolezza che il […]

  • […] La società della conoscenza spinge le organizzazioni complesse a configurarsi come sistemi sociali… (vedi teoria dei sistemi).La comunicazione, intesa come processo sociale di condivisione della conoscenza (potere), ha assunto ormai una centralità strategica in tutte le sfere della prassi individuale e collettiva: considerando fondata l'equazione conoscenza = potere, ne consegue che tutti i processi, le dinamiche e gli strumenti finalizzati alla condivisione della conoscenza non potranno che determinare una condivisione del potere o, comunque, una riconfigurazione dei sistemi di potere. È in questa prospettiva d'analisi che si inserisce la riflessione e l'analisi critica sul ruolo essenziale della comunicazione pubblica – sui processi e gli strumenti che la connotano – vera e propria "cinghia di trasmissione" tra sistema di potere e società civile in grado di ridefinire i confini della cittadinanza e le forme del vivere democratico (differenza tra cittadinanza e sudditanza). Nel complesso rapporto tra cittadino e Stato (P.A.), i valori fondanti della trasparenza e dell'accesso alle informazioni si rivelano così ancor più decisivi in un'epoca segnata da una sfera pubblica sempre più "ancella" del sistema di potere (quello che ho chiamato, anche in passato, l’“anello debole” del sistema), dall'ipertrofizzazione degli apparati burocratici e dalla progressiva dissoluzione dello spazio pubblico. In questo scenario così complesso, incerto e articolato, la comunicazione, intesa come processo sociale di condivisione della conoscenza, e le nuove forme di produzione sociale sembrano poter essere in grado di determinare nuove opportunità di inclusione e cittadinanza, facendo riguadagnare una certa autonomia alla sfera pubblica rispetto alla politica. Ma la strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli, al di là della ben note questioni del digital divide, dell’alfabetizzazione e delle competenze comunicative e socioculturali necessarie. Perché a fare la differenza, anche nel mondo on line – che non va pensato come un mondo “altro” (concetto di ecosistema) – saranno sempre i contenuti e gli utilizzi degli strumenti comunicativi, oltre alla gestione consapevole dei processi (ed.2003,2005,2011). […]

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  • […] La società della conoscenza spinge le organizzazioni complesse a configurarsi come “sistemi sociali aperti”  che tentano di governare l’incerto attraverso la condivisione di una cultura organizzativa e progettuale  (vedi teoria dei sistemi), definita ed elaborata all’interno di quelle reti relazionali intersoggettive esistenti “dentro” i sistemi organizzativi. Si tratta di un (necessario) cambio di paradigma culturale (lungo periodo) che, oltre a coinvolgere modelli organizzativi e strategie di azione, riguarda da vicino le persone (e la questione della responsabilità), i loro vissuti sociali, la qualità delle relazioni, oltre alla conoscenza socio-relazionale prodotta sempre dall’incontro/confronto con l’Altro (qualunque sia la situazione/contesto).La comunicazione, intesa come processo sociale di condivisione della conoscenza (potere), ha assunto ormai una centralità strategica in tutte le sfere della prassi individuale e collettiva: considerando fondata l’equazione conoscenza = potere, ne consegue che tutti i processi, le dinamiche e gli strumenti finalizzati alla condivisione della conoscenza non potranno che determinare una condivisione del potere o, comunque, una riconfigurazione dei sistemi di potere. È in questa prospettiva d’analisi che si inserisce la riflessione e l’analisi critica sul ruolo essenziale della comunicazione pubblica – sui processi e gli strumenti che la connotano – vera e propria “cinghia di trasmissione” tra sistema di potere e società civile in grado di ridefinire i confini della cittadinanza e le forme del vivere democratico (differenza tra cittadinanza e sudditanza). Nel complesso rapporto tra cittadino e Stato (P.A.), i valori fondanti della trasparenza e dell’accesso alle informazioni si rivelano così ancor più decisivi in un’epoca segnata da una SFERA PUBBLICA sempre più “ANCELLA” del SISTEMA di POTERE (quello che ho chiamato, anche in passato – già in un saggio del 1996 – l’“ANELLO  DEBOLE” del sistema…concetto espresso in tempi non sospetti e che oggi molti hanno ripreso e sviluppato), dall’ipertrofizzazione degli apparati burocratici e dalla progressiva dissoluzione dello spazio pubblico. In questo scenario così complesso, incerto e articolato, la comunicazione, intesa come processo sociale di condivisione della conoscenza, e le nuove forme di produzione sociale sembrano poter essere in grado di determinare nuove opportunità di inclusione e cittadinanza, facendo riguadagnare una certa autonomia alla sfera pubblica rispetto alla politica. Ma la strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli, al di là della ben note questioni del digital divide, dell’alfabetizzazione e delle competenze comunicative e socioculturali necessarie. Perché a fare la differenza, anche nel mondo on line – che non va pensato come un mondo “altro” (concetto di ecosistema) – saranno sempre i contenuti e gli utilizzi degli strumenti comunicativi, oltre alla gestione consapevole dei processi (ed.2003,2005,2011). […]

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  • […] La società della conoscenza spinge le organizzazioni complesse a configurarsi come “sistemi sociali aperti”  che tentano di governare l’incerto attraverso la condivisione di una cultura organizzativa e progettuale  (vedi teoria dei sistemi), definita ed elaborata all’interno di quelle reti relazionali intersoggettive esistenti “dentro” i sistemi organizzativi. Si tratta di un (necessario) cambio di paradigma culturale (lungo periodo) che, oltre a coinvolgere modelli organizzativi e strategie di azione, riguarda da vicino la qualità delle relazioni sociali e, nello specifico, le persone (e la questione della responsabilità) con il loro sapere, le loro competenze ma anche i loro vissuti sociali. La conoscenza sociale e relazionale, (intersoggettività) prodotta sempre da un “NOI”, viene ulteriormente elaborata (e condivisa) nell’incontro/confronto con l’Altro, qualunque sia la situazione/contesto. Gli attori sociali producendo conoscenza non si limitano ad adattarsi all’ambiente (sociale e/o organizzativo), bensì contribuiscono a modificarlo e co-generarlo (si pensi anche al concetto di “autopoiesi” – ricordo, in particolare, gli studi di H.R. Maturana e F.J. Varela, dello stesso N.Luhmann, più volte citati). La comunicazione, intesa come processo sociale di condivisione della conoscenza (potere), assume, in tal senso, una centralità strategica in tutte le sfere della prassi individuale e collettiva: considerando fondata l’equazione conoscenza = potere, ne consegue che tutti i processi, le dinamiche e gli strumenti finalizzati alla condivisione della conoscenza non potranno che determinare una condivisione del potere o, comunque, una riconfigurazione dei sistemi di potere. È in questa prospettiva d’analisi che si inserisce la riflessione e l’analisi critica sul ruolo essenziale della comunicazione pubblica – sui processi e gli strumenti che la connotano – vera e propria “cinghia di trasmissione” tra sistema di potere e società civile in grado di ridefinire i confini della cittadinanza e le forme del vivere democratico (differenza tra cittadinanza e sudditanza). Nel complesso rapporto tra cittadino e Stato (P.A.), i valori fondanti della trasparenza e dell’accesso alle informazioni si rivelano così ancor più decisivi in un’epoca segnata da una SFERA PUBBLICA sempre più “ANCELLA” del SISTEMA di POTERE (quello che ho chiamato, anche in passato – già in un saggio del 1996 – l’“ANELLO  DEBOLE” del sistema…concetto espresso in tempi non sospetti e che oggi molti hanno ripreso e sviluppato), dall’ipertrofizzazione degli apparati burocratici e dalla progressiva dissoluzione dello spazio pubblico. In questo scenario così complesso, incerto e articolato, la comunicazione, intesa come processo sociale di condivisione della conoscenza, e le nuove forme di produzione sociale sembrano poter essere in grado di determinare nuove opportunità di inclusione e cittadinanza, facendo riguadagnare una certa autonomia alla sfera pubblica rispetto alla politica. Ma la strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli, al di là della ben note questioni del digital divide, dell’alfabetizzazione e delle competenze comunicative e socioculturali necessarie. Perché a fare la differenza, anche nel mondo on line – che non va pensato come un mondo “altro” (concetto di ecosistema) – saranno sempre i contenuti e gli utilizzi degli strumenti comunicativi, oltre alla gestione consapevole dei processi (ed.2003,2005,2011). […]

  • […] non è più possibile configurarsi/rappresentarsi/comportarsi come “sistemi chiusi”. È l’economia interconnessa della conoscenza e della condivisione (2003-2011) a richiedere, sotto questo aspetto, un salto irreversibile di qualità che può […]

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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