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Dopo l’urgenza

Se c’è una strategia nella conduzione ventennale della politica di destra in Italia è la concentrazione sulla visione delle elezioni e del conteggio dei voti come unico aspetto che conta. Il che implica la continua costruzione di condizioni di urgenza e allarme che consentono una più facile concentrazione del voto su poche istanze populiste invece che su progetti di ampio respiro e lunga durata. Con ogni evidenza, la strategia sottostante è orientata alla realizzazione di un solo progetto: lasciare le cose il più possibile come sono.

Non si cambia un sistema mal congegnato e non si modernizza un paese invecchiato senza un grande progetto costruttivo, proattivo innovativo. Ma questo richiede una visione di lunga durata. E la confusione, l’urgenza, la polemica spicciola, la strategia della disattenzione, demoliscono ogni possibilità di discutere e implementare una visione di lunga durata.

Lo stato imprenditoriale suggerito da Mariana Mazzucato (via TED, Guardian, Mizzi) ha una visione e una prospettiva di lungo termine da realizzare. Ed è indispensabile all’innovazione. La sua demolizione ideologica, tattica, populista è un impoverimento delle possibilità di un popolo nel constesto dell’economia della conoscenza che richiede investimenti in educazione, ricerca, sperimentazione, infrastrutturazione, civismo, che il mercato e soprattutto il capitalismo non sono in grado di realizzare.

L’esperienza della corruzione della politica ha fatto emergere un consenso intorno all’idea che l’assenza di politica sia una soluzione. Ma non lo è. La corruzione è una forma di privatizzazione dello stato, una sua negazione. La cultura pubblica in chiave innovativa si rivela spesso essenziale per la crescita sana dell’ecosistema innovativo. La sua demolizione, che avviene attraverso la corruzione o il populismo anti-statalista, non risolve i problemi profondi. E, per la verità, neppure quelli superficiali.

La crisi italiana, caratterizzata dall’ipertrofia dell’urgenza e dalla corruzione che demoliscono la qualità del settore pubblico, impoverisce l’ecosistema. Si supera solo entrando nell’ottica del lungo termine: agenda, roadmap, investimento, istruzione, ricerca, innovazione. Ecosistema.

I mezzi di comunicazione che giocano a flipper con le idee non possono accompagnare questa trasformazione. La mediasfera ha bisogno di arricchirsi di media civici. L’emergere di un programma di lunga durata, discusso in profondità, densamente segnato di senso del bene comune, libero dall’urgenza e dunque capace di affrontarla, ha bisogno di media civici. Molti esempi come Civici stanno venendo fuori. Hanno bisogno di tempo per generare conseguenze.

L’incubo dell’urgenza continua incrina e interrompe i progetti strutturali che le amministrazioni pubbliche e i politici culturalmente avvertiti riescono ad avviare. Rendendoli meno credibili. Proprio quello che vogliono i conservatori. Ma questa è una strada che – ormai è chiaro – non si può abbandonare. La rete dei costruttori non si lascerà tagliare dalla confusione dei distruttori. Ma la fatica di perseguire questa strada è enorme in un paese tanto perseguitato come l’Italia. Molti cercano la scossa che risvegli le coscienze: occorre che sia accompagnata da un pensiero visionario e costruttivo perché abbia successo.

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  • Sono d’accordo su questo tipo di analisi ,ma c’è un ma molto importante. Abbiamo in Italia uomini pronti a questo rinnovamento senza distruggere tutto? Eh sì, è facile cancellare il vecchio senza avere le idee chiare su quello che si vuole rinnovare…soprattutto se l’80 % degli Italiani voterebbe chiunque sia disponibile a non far pagare le tasse. E’ questo il punto che crea, secondo me, uno stato di provvisorietà per qualsiasi governo si formi. Pensate che sia possibile creare dei servizi, o renderli funzionali senza pagare le tasse? Piuttosto direi che la prima riforma da fare sia quella dell’equità fiscale, basta con i privilegi di quella minoranza che detiene la ricchezza nelle sue mani.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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