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I visionari fanno esperimenti con le loro idee e…

I visionari fanno esperimenti con le loro idee. Anche se nella lingua italiana tradizionale la parola “visionario” è un equivalente di “pazzo”, ormai ci siamo abituati a pensare, un po’ all’inglese, che la visione dei grandi leader culturali ed economici sia parte integrante della loro capacità di generare conseguenze importanti.

Di fatto, però, non tutti i visionari hanno ragione. E non tutte le loro visioni hanno conseguenze. Sicché un aspetto interessante della riflessione sull’innovazione è come avviene il processo della costruzione delle visioni e come vengono sperimentate.

Ho l’impressione che ci siano alcuni elementi della visione, nel senso usato fin qui, ma sto cercando ancora di farmi un’idea più precisa. Finora ho in mente queste cose:
1. La visione nasce da un insieme di osservazioni, le unisce con un’ipotetica azione e ne immagina le conseguenze. Vale a dire che la visione non è una previsione, ma l’immaginazione delle conseguenze di un’azione.
2. Ovviamente, dal punto di vista intellettuale è una semplificazione. Il problema è che la complessità non si conduce facilmente alla semplicità e quasi sempre si rischia di ridurla alla banalità. Quindi nella visione c’è sempre una fortissima sensibilità, ma anche un metodo di controllo.
3. Il metodo di controllo è simile a una sorta di sperimentazione. L’idea viene testata contro molte conseguenze possibili, anch’esse immaginate. Viene affinata nella mente del visionario, in un processo che per così dire la “lava” dalle impurità. E poi viene provata ancora. Fino al test decisivo.
4. Il test decisivo della visione è la sua capacità di essere raccontata in modo convincente, la sua capacità di essere adottata da chi l’ascolta, la sua capacità di trascinare altri nell’azione che la visione prevede. Ma ovviamente non è tutto.
5. L’esperimento finale è nella storia a venire, ovviamente. La visione si sperimenta davvero nel momento in cui si passa ad applicare l’azione che in essa era presagita. I tempi del successo possono essere molto diversi da quelli previsti. E le modalità altrettanto diverse. Ma la visione in qualche modo resta ad accompagnare un processo che trasforma il mondo al quale si riferisce.

Un pezzo di Steve Jobs, mi pare, mostri un poco di queste cose. Jobs è giovane. Nel momento in cui parla è a Next. È una persona che sta cavalcando la grandissima rivoluzione informatica, ricorda i suoi primi tempi e immagina dove possa portare, alla velocità in cui sta andando: ma invece di lasciarsi trascinare dall’onda, tenta di governare la sua mente. Ed elaborare una visione. Mi pare da rivedere:

via Brainpickings.

Sappiamo quali sono le visioni che oggi stiamo sperimentando e che funzioneranno davvero di fronte alla sperimentazione intellettuale contemporanea?

Un magnifico post di Adam Thierer, di qualche giorno fa, propone una lista di libri che descrivono il dibattito attuale su internet. C’è molta più preoccupazione in questi libri di quanta ce ne fosse all’epoca in cui parlava Jobs: che cosa può davvero cambiare internet? che rischi per la sicurezza e la privacy sta introducendo? quanto ci sta cambiando il modo di pensare e di essere? Ma nella valutazione delle idee con la quale mi pare operi Thierer c’è qualcosa del metodo visionario e quindi dell’orientamento a sperimentare la qualità di queste idee in funzione delle loro conseguenze, in questo caso intellettuali.

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Ecco una parte dei libri segnalati da Thierer per descrivere l’ambiente intellettuale del 2011.
 

La visione di Thierer dice che questi sono i temi destinati a generare conseguenze tra gli intelletuali e non solo. Di sicuro fanno parte della sperimentazione delle idee.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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