Luca De Biase
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Sabato, 4 ottobre 2008
 

Musica «gratis»

Giusto o sbagliato che sia, l'idea che la musica registrata si possa avere gratuitamente è talmente diffusa tra i consumatori, specialmente giovani, da essere diventata un dato di fatto. E con questo dato di fatto l'industria della musica registrata che si è sviluppata all'epoca dei cd comincia a fare i conti. Le novità, timidamente, si fanno avanti.

La nuova proposta, riportata dall'Economist, è relativamente semplice. In Gran Bretagna, questo Natale, si potranno comprare alcuni modelli di telefonino nuovo della Nokia che daranno diritto a scaricare gratis la musica delle major e di alcune indipendenti per un anno. Sarà la Nokia a pagare la musica alle etichette. Il concetto è che si compra l'oggetto fisico che consente di sentire la musica e dentro ci si trova anche la musica. Volendo, il concetto può essere esteso alle automobili, ai computer, agli stereo... Si compra ciò che non si può copiare. E chi paga è il costruttore. La musica diventa componente, come i chip o gli auricolari. Può essere una strada comprensibile per il mercato. E redditizia per le etichette.

In questo primo caso, peraltro, ci sono limitazioni sul numero di canzoni che si possono scaricare. E inoltre nessuno sa bene che cosa succeda alla fine del primo anno. Forse il costruttore spera che i consumatori dopo dodici mesi compreranno un nuovo telefono. Forse pensa che passeranno a una sottoscrizione a pagamento. Si tratta di paranoie delle etichette, evidentemente. Peraltro non si sa bene che cosa ne pensino le compagnie mobili che di solito pensano di avere diritto a una quota del valore della musica che per essere scaricata passa sulla loro rete. Anche questa idea può fallire per eccesso di clausole. Ma nella sostanza è interessante. Salvo per un punto.

Questa idea continua a dare un enorme potere alle etichette. Che non ricambiano dimostrando per quale funzione pensano di dover essere pagate. I consumatori, ne sono certo, sono favorevoli a pagare gli autori e i musicisti. Il fatto è che non capiscono perché devono pagare anche le etichette.

Le etichette, in effetti, non hanno una storia molto orientata al cliente. Ai tempi del vinile c'erano molte etichette e i loro manager erano di solito meno importanti dei musicisti. Erano spesso dei veri appassionati di musica, con in più un certo senso degli affari. Dopo il cd, l'industria musicale si è ristruttrata, concentrandosi in poche enormi major che hanno preso un potere enorme: sulle scelte musicali, sul marketing, sulla distribuzione, sulle radio che facevano ascoltare la loro musica; e sono riuscite a innalzare il prezzo dei prodotti in modo abnorme. I consumatori non si sono certo sentiti felici di comprare a 20 o 30 euro un cd che conteneva una canzone importante e tante canzoni meno significative. Appena hanno potuto si sono ribellati. E ora si sono abituati a qualcosa di molto diverso.

Per tornare ad avere un conto economico decente, le major e le etichette devono tornare ad avere un senso evidente agli occhi dei consumatori. Cercare di svolgere funzioni significative. Per esempio, nelle scelte di qualità, nella facilità della distribuzione, nell'informazione trasparente, forse nell'organizzazione dei concerti, nella liberazione da vincoli nell'accesso alla musica, nella scoperta di nuovi talenti. Magari potrebbero lasciare che i consumatori la uscino per motivi personali in modo più tranquillo. E certemente dovrebbero commisurare il prezzo al valore. Inoltre, dovrebbero smettere di agire contro il loro pubblico utilizzando gli avvocati e i lobbisti con una caparbietà insana. Forse tutto questo non basterà a salvare lo stato attuale dell'industria. In un sistema del genere si dovrebbe vedere una minore concentrazione delle etichette e un maggior numero di protagonisti nell'industria. Dovrebbe emergere il valore degli artisti e non quello dei loro manager. Probabilmente tutti dovrebbero guadagnare meno o in modo diverso.

La musica è creatività di tutti. Ed è arte di pochi. Di entrambe c'è enorme bisogno. E ci sarà sempre. Le forme economiche che si sviluppano e si svilupperanno intorno a questo bisogno, invece, non sono eterne.

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