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Venerdì, 6 luglio 2007
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Democrazia emergente
Laura Costantini, che non ha avuto voglia di leggere "La Casta", è arrivata su questo blog grazie a Remo Bassini e commenta:
"La casta" non l'ho comprato, anche se ammiro Gian Antonio
Stella, il suo "Orda" mi è stato fondamentale nella preparazione e
documentazione per un romanzo storico sull'emigrazione italiana negli
Stati Uniti. Ma "La casta" mi è apparso fin da subito come
un'operazione furba, ancorché giusta. Di libri di denuncia negli ultimi
tempi ne sono usciti parecchi (anche Travaglio sui mali
dell'informazione, per esempio) ma la mia impressione è che il lettore
acquista, legge, si arrabbia, riflette ma non agisce. In compenso
l'editore guadagna. Non c'è niente di male, ma come anche tu hai
segnalato (mi permetto il tu, siamo colleghi) i presunti "scoop" sono
sotto gli occhi di tutti e l'operazione non è diversa dai lanci di
"Striscia la notizia" o quelli, più seri e circostanziati, di Jacona o
di Reporter. Mettono nero su bianco, bene per carità, le magagne che
tutti conosciamo. Noi leggiamo e non siamo in grado di fare niente, di
cambiare le cose. Mi piacerebbe potessimo fare la differenza, ma come?
Dici che i blog possono aiutare e vorrei fossi ancora più chiaro, quasi
didascalico. Perché io non vorrei leggere e tacere, leggere e sperare,
leggere e rassegnarmi. Ma come si fa?
Buona domanda, come dicono gli esperti di conversazione quando non sanno come rispondere. Ma poiché ho scritto quello che ho scritto non posso far finta di niente... E con questo spirito mi lancio in alcune umilissime - davvero - considerazioni.
Punto di partenza: 1. la democrazia non è un sistema nel quale si vota per eleggere i rappresentanti del popolo (si votava anche in molte dittature, da Leonid Breznev a Saddam Hussein); 2. la democrazia è un sistema in cui si discute, ci si informa, si articolano gli interessi, in modo libero e aperto; e in questo contesto culturale e sociale si vota; 3. la democrazia non è mai finita; è un processo, non una condizione.
I rappresentanti eletti non sono fatti per avere opinioni profonde su tutti gli argomenti. La discussione libera che la società democratica riesce a esprimere è la fonte dell'elaborazione delle idee sulle quali i rappresentanti devono arrivare ai compromessi necessari per operare le scelte. Più gli argomenti sono complessi, più la discussione è necessaria. Ed è necessario che sia condotta facendo ricorso all'esperienza, ai sentimenti, ai valori diffusi tra i vari gruppi sociali. Se la discussione è basata solo sui fatti che i media professionali sono in grado di portare all'attenzione di tutti gli interessati, dipende dalla qualità di quei media: con il rischio che possa essere manipolata se quei media non sono abbastanza validi e indipendenti. Se la società riesce a esprimere opinioni informate e a diffonderle in alternativa e a integrazione del lavoro dei media professionali, allora le probabilità che la discussione sia proficua aumentano.
I network sociali possono influire sulla qualità della discussione che la società compie sugli argomenti politici, proponendo una visione critica e un punto di riferimento indipendente sulle questioni rilevanti. Su questioni molto specialistiche, poi, non esiste discussione migliore di quella che gli esperti riescono a impostare: e se qualcuno si incarica di divulgarne le istanze, la società avanza nella qualità della discussione.
I blog possono svolgere molti ruoli in questo processo: attirare gli esperti a spiegare il loro punto di vista sugli argomenti che prediligono (inducendoli ad aprire un loro blog), mettendo in relazione le persone e creando così un medium orizzontale in grado di diffondere i messaggi importanti in modo alternativo alla mediazione dei media verticali, inducendo questi ultimi ad abbandonare la pigrizia o l'orientamento manipolatorio (pena la perdita di credibilità cui li condannerebbe un buon sistema di blog); criticando i media che raccontano male quello che accade; scoprendo nuove informazioni; facilitando l'accesso a informazioni che altrimenti resterebbero ignote... Insomma creando una sorta di competizione al mondo dei media tradizionali e spingendolo a migliorare costantemente... I blog che parlano di circoscrizioni, in Francia, hanno coperto un argomento politico localissimo che i media tradizionali tendono a tralasciare; i blog degli esperti di fisica o tecnologia hanno diffuso conoscenze e notizie che altrimenti sarebbero restate chiuse nel mondo degli specialisti anche quando presentano risvolti socialmente rilevanti; i blog hanno attivato collaborazioni su progetti cooperativi, sia dal punto di vista informativo che dal punto di vista più propriamente produttivo e organizzativo...
I blog non fanno necessariamente tutto questo. Ma possono farlo. Un paper ormai classico di Joi Ito, oggi diventato un wiki, spiega queste cose con molta perspicacia e lungimiranza. Un sistema di condivizione di conoscenze davvero sviluppato può porre le questioni delle pensioni o dei taxisti, della riconversione delle aree industriali dismesse o dell'elaborazione di nuove sicurezze per i giovani precari, e tante altre storie molto specialistiche ma importanti per larghe parti della società, in modo tale da non dover trattare questi argomenti sempre e solo come fenomeni da regolare legislativamente. Questo tra l'altro, ridurrebbe il potere discrezionale dei politici - dovuto alla difficile elaborazione intellettuale in materia - e quindi ridurrebbe lo spazio di manovra della Casta...
L'esistenza di un'opportunità non significa che la sapremo cogliere. Ma è meglio avere un'opportunità che non averla. E i blog possono almeno coltivare quell'opportunità... Se poi con spirito di servizio ciascuno seguisse un argomento rilevante, se si sviluppassero aggregatori in grado di dar conto in modo sintetico degli sviluppi di questa possibile ricerca collettiva, se le associazioni e forse addirittura i partiti, imparassero ad ascoltare questa elaborazione, allora la democrazia ne uscirebbe migliorata.
Che cosa ci manca per arrivarci? La risposta discende da una considerazione fondamentale, secondo me: - La soluzione mediatica non è in un blog o in un altro. Il medium emergente è fatto dell'insieme dei blog che consente a ciascuno di esprimersi e a tutti di connettersi. E' fatto di persone che scrivono, leggono e trasmettono. L'influenza di ciascuno può essere più o meno grande. Ma la differenza a livello di sistema mediatico la fa l'insieme dei blog.
Se questo è vero, che cosa ci manca per arrivare a influire sulla politica e l'amministrazione? Ecco due o tre cose che mi vengono in mente: 1. Ci vogliono più blog. Perché questo aumenta l'audience e la ricchezza mediatica della blogosfera, accrescendo le probabilità di una produzione di contenuti influente. 2. Ci vogliono più blog orientati a raccontare fatti che i media tradizionali tralasciano. 3. Ci vogliono più blog orientati a criticare i fatti come vengono raccontati dai media tradizionali. 4. Ci vogliono più strumenti di confronto tra le opinioni emergenti tra i blog. 5. Ci vogliono più luoghi di sintesi per seguire meglio i punti di vista emergenti nella blogofera.
Influire, mediaticamente, significa condizionare l'agenda. Cioè la lista di priorità della quale la società è consapevole. E alla quale fondamentalmente aderisce. Finora l'agenda è stata in mano alla stampa e il tempo delle persone è stato in mano alla televisione. La blogosfera non ha per ora modificato quell'agenda: ne ha creata un'altra per chi vive nella blogosfera, un po' frammentata e vagamente inconsapevole. Col rischio che le derive ideologiche la possano condizionare e frammentare ulteriormente. Ma non è detta l'ultima parola. La soluzione, in un medium fatto di persone, dipende dalle persone. Cioè da noi.
(Ovviamente, tutto questo non descrive la soluzione dei problemi ma la relazione tra i network sociali online e l'evoluzione del metodo per affrontarli). Imho.
12:31:01 AM
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2007
Luca De Biase.
Last update:
1-08-2007; 12:04:55.
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