Luca De Biase
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Giovedì, 3 aprile 2008
 

Ugc Cinema

Vado a parlare alla Sapienza di Roma per un convegno su Economia e responsabilità del cinema. E il mio intervento deve essere sulle conseguenze dello "user generated content" (ugc).

Penso che l'industria del cinema abbia avuto nei confronti dell'ugc una posizione distorta dall'autoreferenzialità dei suoi meccanismi mentali. C'è chi ha dato al fenomeno troppa importanza e chi troppo poca.

I timori di chi nell'industria pensa che l'ugc sia una pratica tale da mettere in difficoltà il cinema professionale ha un po' ragione e molto torto. Ha ragione a pensare che le persone che si fanno i film da soli, li mettono online e guardano quelli degli amici o curiosano tra quelli di chi non conoscono distolgono l'attenzione dai mezzi tradizionali: in questo l'ugc fa concorrenza al cinema come agli altri media tradizionali. Ma la concorrenza fa paura solo a chi ha una mentalità monopolistica.

In realtà, l'ugc non è nella stessa dimensione del cinema. Il cinema come arte si nutre dei fenomeni sociali e culturali profondi. E questo ne è un esempio. Le persone che fanno i loro contenuti "cinematografici" sono interessate a esprimersi, a connettersi con altri, a donare il loro tempo agli altri per coltivare relazioni. La loro è una pratica sana: in fondo apprendono i mezzi fondamentali della "produzione" nell'epoca della conoscenza. E se sperimentano con questi mezzi possono diventare cittadini più consapevoli del contesto culturale che si va formando. In genere, si limitano a parodiare gli stilemi che vedono nei media tradizionali; talvolta ne inventano di nuovi.

Per l'industria questo è un ecosistema nuovo, nel quale il pubblico non è "analfabeta" ma conosce il linguaggio o almeno lo sperimenta. Per l'industria questo significa essere chiamati a un salto di qualità: la fine della gerarchia chiusa della produzione di storie per immagini non è un pericolo, ma un richiamo alla funzione profonda di chi racconta le storie cinematografiche. Ascoltare il pubblico, raggiungere una più significativa consapevolezza delle tensioni che percorrono la società, assumersi le proprie responsabilità. Imho.


10:11:35 AM    comment [];

Truismo

Il truismo è una verità ovvia, lapalissiana (dice il De Mauro). Ma quell'-ismo in fondo fa pensare anche a una sorta di movimento ideale: quello di coloro che cercano di togliere di mezzo la fuffa e di fare emergere le realtà basilari ma chiare e semplici. Contro il labirinto dei significati nascosti nel quale si perde il senso delle proporzioni. Ecco due esempi di truismo.

1. Chi non vota, vota per quello che vuole la maggioranza.

L'idea che non votare sia un segno di protesta contro questa o quella parte politica è un evidente errore. Nessuno sa per chi avrebbe votato chi non ha votato. Lo si può solo indovinare dai sondaggi e dalle precedenti elezioni. Ma alla fine, chi non vota non dice niente. Salvo il fatto del tutto concreto di far vincere qualcuno che lui non avrebbe voluto vincesse. Stando ai sondaggi, poi, chi non vota e proviene dal nel popolo che si colloca a sinistra deve rendersi conto che fa vincere la destra.

2. Chi nel sud vota a destra, vota anche per mandare al governo la Lega Nord.

Ci si può anche convincere di quanto racconta la campagna elettorale "targettizzata" dei maghi della comunicazione. Ma un fatto è certo: anche chi vive nel sud e vota a destra manda al governo la Lega Nord.

Intendiamoci: il truismo è un movimento privo di parte politica. L'azione truista non fa che osservare candidamente le cose tenendo presente una sorta di senso delle proporzioni se non una lista di priorità nella lettura dei messaggi. Ci sono tante sfaccettature nei fenomeni della comunicazione. Ma il truismo serve a vedere gli aspetti più importanti e da distinguerli dalla somma convulsa dei significati meno importanti ma numerosi e confusi che coprono ogni fatto di dubbi interpretativi. Il truismo non basta a se stesso. E' un metodo non un'ideologia. E il suo scopo è anche quello di prendersi in giro.


9:36:12 AM    comment [];


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