Luca De Biase
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Giovedì, 28 giugno 2007
 

Giornalismo dell'innovazione / 2

Dopo le riflessioni dell'altro giorno sul giornalismo dell'innovazione ho letto interessantissimi. Grazie a tutti. Il problema centrale del giornalismo dell'innovazione è quello del metodo che consente di affinare in modo credibile e trasparente la capacità di interpretare i fatti come appartenenti al dominio dell'innovazione. Si può verificare una notizia ma non si può verificare che quella notizia riguardi un fenomeno innovativo: per sapere se una cosa è un'innovazione, in un certo senso, bisogna aspettare il futuro. Ma questo non è possibile. E allora qual è il metodo?

Davide Tarasconi dice:
Come giustamente sottolinei, c'è una certa differenza metodologica dal giornalismo "tradizionale": capire l'innovazione, parlarne, implica capacità di capire e interpretare aspetti molto inter-disciplinari e differenti, a meno che non si voglia separare i campi di studio. Quest'ultima tendenza secondo me sarà quella che emergerà: come si hanno categorie di giornalismo come "giudiziario/politico/economico/scandalistico/investigativo" avremo, secondo me un giornalismo dell'innovazione necessariamente frammentato secondo diverse aree di specializzazione.
Sì l'interdisciplinarietà è necessaria, secondo me. E la specializzazione ha molto senso. Ma danno luogo a due tipi di mestiere. Il primo è quello dell'esploratore che cerca ovunque possa l'innovazione e la racconta fin dal suo primo apparire. Il secondo è quello del divulgatore che sviscera le qualità dell'innovazione e la spiega nel processo che porta al suo sviluppo e all'adozione da parte della società cui è rivolta. Sono importanti entrambi questi mestieri. Per pubblicazioni diverse.

Antonio Santangelo dice:
sono parzialmente d'accordo con le tue riflessioni. D'accordo sull'eliminazione dei punti 1 e 2.Nella loro peggiore accezione ricordano la stampa tecnica (IT) degli anni 80-90. Poco più che brochure di prodotto. Su questo piano un antidoto c'é, ed è quello di occuparsi della tecnologia e del suo modello d'uso da parte degli utenti, prendendo in esame gli impatti sul business, sull'organbizzazione, sulle competenze delle persone. Più difficile quando entri in altri campi: biotec, medicina, industria. E qui vengo al punto 3. Sarebbe ottimo poter essere parte attiva dei processi di innovazione, ma su questi terreni non può che farlo un ricercatore. Come giornalista non puoi che affidarti all'autorevolezza dell'interlocutore, alla stampa scientifica, alla "pelle", o al tempo (IMHO). Il punto 3 è sicuramente corretto rispetto al web 2.0. Lì è possibile, secondo me, fare esperienza e anche ricerca
La sperimentazione sul web 2.0 e ogni altro dominio dei media digitali è relativamente più facile perché in fondo è parte integrante dell'attività crossmediale che i giornalisti dell'innovazione non possono non svolgere. Le forme di partecipazione alla ricerca e all'innovazione in altri campi meno direttamente coinvolgenti per i giornalisti può essere più difficile. Ma poiché una parte integrante dell'innovazione è il suo racconto, i giornalisti possono dare una mano. E in questo modo assorbire il metodo scientifico e il percorso culturale che produce l'innovazione. Questo li aiuterebbe a distinguere le novità prodotte in modo coerente con l'approccio corretto da quelle realizzate in base a un pensiero meno sofisticato. Ma concordo che questo secondo aspetto è molto, molto più aleatorio. E, ringraziando Antonio, ammetto che ci devo riflettere ancora un bel po'...

Antonio Sofi segnala un link importante per trovare una ricerca sul giornalismo italiano e la nozione di innovazione. E Nicola Mattina si chiede se TechCrunch, GigaOm o Read/Write Web sia giornalismo dell'innovazione...

A questo proposito, vorrei dire che non ho la pretesa di aver già riflettuto abbastanza su questo argomento per poter arrivare a dire che cosa sia o non sia giornalismo dell'innovazione. Il metodo che sostengo, quello della partecipazione al percorso dell'innovazione a partire dall'innovazione del lavoro che svolgo come giornalista, non è fatto per giudicare gli altri ma per migliorare me stesso. Se evolverà in un modo tale da poter addirittura diventare normativo vi avverto.

Detto questo, i siti citati appaiono scritti da persone che sembrano molto coinvolte negli argomenti che trattano. Dunque appaiono critiche e concentrate, non troppo dipendenti dai comunicati stampa o dalle mode. Anche se come tutti noi, rischiano di subirle e di farsene coinvolgere. Il metodo del giornalismo dell'innovazione non è - e difficilmente sarà - scientifico: è molto più probabilmente di tipo "artigiano". Si impara dal veder fare e dal sentir dire da chi ha dimostrato di essere capace di individuare l'innovazione. (Occhio però: non sempre questo significa che gli "esperti" sono gli "anziani" o i grandi. Può avvenire, e a me è successo, che a insegnare o segnalare le novità vere siano piuttosto i giovani e gli entusiasti. Le fonti autorevoli non sono in questo settore del tutto facili da definire. Lo sviluppo della capacità di critica è, in fondo, il senso vero di quello che vado sostenendo).



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