Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
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Mercoledì, 25 aprile 2007
 

Sento parlare sempre più spesso di web 3.0

Lo so che è stucchevole. Ma è un fatto che Derrick de Kerckhove è convinto che se ne possa già cominciare a parlare. E molti altri lo stanno facendo: cercano di definire il concetto di web 3.0. Segnalo anche un post interessante in proposito.

L'idea del web 3.0 - potrebbe anche essere più giusto dire web 2.1 - è che la catalogazione operata dai network sociali sul sapere che circola in rete diventi più consapevole e razionale tenendo conto in qualche modo della riflessione teorica dei grandi pensatori che avevano in passato proposto l'utopia del web semantico e avevano fallito anche per mancanza di supporto popolare. Non so che cosa ne verrà fuori. Anche perché il social tagging è già palesemente molto migliore di quanto non si pensasse (ci sono molti paper che lo dimostrano, tipo questo; mentre questo non è d'accordo; si vedono gratis solo gli abstract). Ma di sicuro questo è un percorso che può portare a qualche cosa che cambierà le condizioni che hanno favorito finora la prevalenza di Google nella ricerca. O che spingerà anche Google a tener conto di più delle tag. Già ora si cerca con le tag sempre più spesso. Ma la storia delle tag è appena comiciata. Domani se ne parla un po' su Nòva. Ma mi sembra che l'argomento sia enormemente affascinante, che richieda ancora molta ricerca e che riservi molte sorprese.

Bernardo Huberman ne ha scritto con Scott Golder.

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Città grandi o città innovative? Un paper risponde

La dimensione della città non è più garanzia di sviluppo. Anzi. Molte inefficienze della grande città sembrano contribuire a frenare la crescita. Un tempo la grande città era il propulsore dell'innovazione. Oggi è anche il propulsore dell'inquinamento e della criminalità.

Una bella discussione sul trade-off tra le economie di scala dovute alla dimensione della città e l'humus che alimenta l'innovatività è contenuta nel paper di Luís M. A. Bettencourt, José Lobo, Dirk Helbing, Christian Kühnert e Geoffrey B. West (Los Alamos, università dell'Arizona, università di Dresda, Santa Fe Institute). (Articolo completo su Pnas).
Humanity has just crossed a major landmark in its history with the majority of people now living in cities. Cities have long been known to be society's predominant engine of innovation and wealth creation, yet they are also its main source of crime, pollution, and disease. The inexorable trend toward urbanization worldwide presents an urgent challenge for developing a predictive, quantitative theory of urban organization and sustainable development. Here we present empirical evidence indicating that the processes relating urbanization to economic development and knowledge creation are very general, being shared by all cities belonging to the same urban system and sustained across different nations and times. Many diverse properties of cities from patent production and personal income to electrical cable length are shown to be power law functions of population size with scaling exponents, beta, that fall into distinct universality classes. Quantities reflecting wealth creation and innovation have beta approximately 1.2 >1 (increasing returns), whereas those accounting for infrastructure display beta approximately 0.8 <1 (economies of scale). We predict that the pace of social life in the city increases with population size, in quantitative agreement with data, and we discuss how cities are similar to, and differ from, biological organisms, for which beta<1. Finally, we explore possible consequences of these scaling relations by deriving growth equations, which quantify the dramatic difference between growth fueled by innovation versus that driven by economies of scale. This difference suggests that, as population grows, major innovation cycles must be generated at a continually accelerating rate to sustain growth and avoid stagnation or collapse.
L'Italia è un sistema di piccole città. E su questa caratteristica ha costruito due millenni da protagonista, sebbene tra molti alti e bassi. I bassi si verificavano quando prevaleva l'agricoltura e gli alti quando prevalevano le attività cittadine. Anche se non credo ci sia una relazione di causa ed effetto ma di concomitanza. Sta di fatto che oggi il paese ha bisogno di una direzione. E dall'esempio delle sue città più illuminate si aspetta molte risposte.

Per questo vale la pena di cominciare ad approfondire - anche con paper come quello citato qui - la relazione tra politiche per lo sviluppo orientate al lungo termine e forme urbanistiche. C'è bisogno di nuova ricerca per scoprire come possiamo rilanciare l'innovatività strutturale delle nostre città.

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