Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
a laboratory for the study of broken democracy and creative capitalism.
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Domenica, 28 gennaio 2007
 

E' un mito? E' un indicatore? E' un imbroglio? E' il Pil
Una segnalazione su economia della felicità ed economia monetaria

Via Paolo Valdemarin arrivo a una divertente serie di motivi per i quali il Pil non è un buon indicatore del benessere di una società. Stefano Quintarelli nota che non è certo originale. Del resto tutto è partito dall'osservazione di un tipico economista (che con la sua frase non migliora la popolarità della categoria): se sposi la tua donna di servizio fai diminuire il Pil.

L'economia è la scienza triste. Per questo gli economisti fanno tante battute autoironiche. Tipo: l'economia è la scienza che studia perché le sue previsioni non si sono avverate.

Ma gli economisti non sono solo dei buoni comici. L'economia della felicità ha ormai una lunga storia di ricerca alle spalle. E un grande futuro. Al presente è persino di moda. Ma perché, dunque, un nuovo indicatore più intelligente non riesce a farsi strada? E' uno di quegli incubi intellettuali tipo "perché Microsoft è lo standard se Mac è meglio?"... E' l'effetto-rete... Tutta la finanza, la politica e il mondo sindacale si basano sul Pil per le loro contrattazioni. Per uscirne ci vuole un'innovazione molto, molto intelligente. E poiché un nuovo indicatore deve uscire anche per conoscere il vero andamento del rapporto tra le persone e i media (visto che l'Auditel non è più rappresentativo), possiamo dire che siamo di fronte a una rivoluzione statistica potenziale.

Il nuovo paradigma culturale - la società della conoscenza - del mondo che stiamo costruendo lo richiede.

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7:48:15 PM    comment [];


Streaming o download di video

Blorigo scrive un bel post su streaming e download video a partire da Joost. Gli ho anche chiesto una spiegazione in più e mi ha risposto nei commenti. Sono d'accordo con lui sul piano funzionale: il tema è vedere il video poco importa come. Giusto. Il tema è vedere quali sono le infrastrutture e gli investimenti necessari per le varie soluzioni. Secondo Andrew Oklyzko la soluzione iptv è inutilmente costosa e non preserva il copyright più di tanto. La soluzione Joost può andar molto meglio per gli utenti e forse anche per gli autori (?!?). La soluzione download è già ampiamente utilizata e non piace ai content provider. Tutto è in movimento. Ma si può ipotizzare una conclusione parziale (sempre aperto a migliorarla o rivederla): l'iptv chiusa in stile Telecom non sembra la soluzione migliore...

ps. Nel frattempo vedo un testo da leggere di Franco Carlini. (Lo condivido nella sostanza anche se mi attribuisce erroneamente l'idea secondo la quale il futuro dell'internet sarebbe visuale. Come sa, Franco, non la penso per niente così. Non per niente faccio una rubrica di libri e non di telefilm. Ma se gli serviva come attacco al pezzo va benissimo...).

10:50:31 AM    comment [];

Mappa dei blog

Ancora un post sulla mappa dei blog. Una proposta meditata di Tony Siino. Da leggere. Così si può andare avanti nella ricerca. Grazie Tony.


10:43:26 AM    comment [];

Bookblogging
Rileggere quello che va riletto
Rubrica settimanale casuale ma non troppo sui libri che prendo in mano


Settimana conclusa il 28 gennaio 2007
Libri comprati:
Letture:
Merle Goldman
Elizabeth Perry
(edited by)
Changing meanings
of citizenship
in modern China

Chris Anderson
The long tail

Michael Crichton
Next


Vittorio Bo sta per pubblicare in Italia il libro di Chris Anderson, The long tail. Ho letto l'articolo originale e molti commenti. Di recente ho comprato il libro e lo sto leggendo.

Maturava da tempo, quel genere di idea. Mi ricordo di come ne discutevo con Leonardo Mondadori, negli ultimi anni Novanta. Mi ci aveva portato Andrea Monti che era stato mio direttore a Fortune e Panorama. Dicevo a Mondadori, nella mia appassionata ingenuità (mi occupavo di Reporters Online allora): "Se riusciamo a vendere online diecimila libri che vendono solo cento copie facciamo un botto uguale al tuo quando hai venduto un milione di copie del libro del papa". Rideva. Mi dava in qualche modo ragione. E non aveva il tempo di fare molto al riguardo.

"The long tail", la coda lunga, è stata la nozione giusta detta al momento giusto. C'è un blog, c'è il pezzo originario uscito su Wired, c'è una bella voce su Wikipedia. La coda lunga racconta, più o meno, di come online i singoli prodotti autoriali, anche di estrema nicchia, riescano a trovare le persone interessate a comprarli. Sicché la curva di distribuzione dei contenuti in rete ha una cima più bassa e una coda più lunga di quella tipica del mondo analogico, nel quale i limiti fisici impongono una curva nella quale i bestseller fanno l'80 per cento del mercato e ai prodotti di nicchia restano le briciole.

E' una nozione verificabile. Diego Piacentini di Amazon dice che mentre in una libreria normale i cento libri più venduti fanno l'80-90 per cento del fatturato, online non fanno che il 40 per cento. E Steve Jobs dice che il 75 per cento delle canzoni che si trovano su iTunes si vende almeno una volta nel corso di ogni mese. Il mondo fisico era stretto e ci passavano solo i bestseller: quindi l'industria editoriale era ossessionata dal trovarli e li spingeva forsennatamente con le pr, la pubblicità e le amicizie. In molti settori - come quello musicale - arrivando a manipolare radio e tv con classifiche fittizie pur di sostenere i dischi sui quali puntava per arrivare alla vetta. Solo la vetta serviva a qualcosa. Quindi il pubblico doveva accontentarsi di prodotti molto omogenei e standard: le nicchie di interessi, le curiosità diverse, la creatività ne venivano limitate. Ora probabilmente va meglio, ma...

Vittorio Bo mi ha offerto la possibilità di intervistare Chris Anderson. Lo farò con piacere. Si tratta di ripercorrere la storia di come la coda si è allungata e soprattutto di guardare avanti. Io ho un'idea precisa: vorrei sapere che cosa succede all'eccellenza nel mondo della coda lunga.

Mi spiego: se tutti i contenuti raggiungono qualcuno e ogni autore trova il suo pubblico, se tutti i valori di mercato si appiattiscono, se il pubblico si trova di fronte a una scelta sterminata, come emergerà l'eccellenza?

La parità di opportunità è un valore. Ma lo è anche l'eccellenza...

Come emergerà l'eccellenza nel mondo della coda lunghissima che si sta realizzando sotto i nostri occhi? Io credo molto nei network sociali: Piacentini osserva quanto contino le segnalazioni che i frequentatori di Amazon scambiano con i loro pari per assicurare il successo a un libro. E MySpace è diventata il territorio sul quale si fanno conoscere e si mettono in mostra gli aspiranti fenomeni musicali. Ma non c'è bisogno anche di un contributo da parte di qualcuno che si dedichi professionalmente a capire come vanno le cose sui vari settori delle attività autoriali?

Ci vorranno anche gli editori. Purché ridefiniscano la loro missione. Ci sono funzioni obsolete, come il controllo del canale di accesso agli autori, che gli editori stanno perdendo. Le funzioni che servono ancora sono la selezione, la definizione dello stile o della linea editoriale alla quale il pubblico può attribuire fiducia anche quando non conosce i singoli autori.

E' così per i musei e i critici. Per i professori e gli editori. Un ecosistema di professionisti, cultori, conoscitori profondi di specifiche materie, persone alle quali riconoscere fiducia: saranno costoro a suggerire la possibilità che un autore sia eccellente e poi sarà il pubblico a confermarlo o meno.

La coda lunga insomma non appiattirà tutto. Ma l'eccellenza si manifesterà in modo diverso, meno manipolatorio. Chi non si adegua rischia la crisi.

Le puntate precedenti di questa specie di "rubrica"...
Leggere quello che gli amici hanno scritto (21 gennaio 2007)
Leggere quello che gli altri leggono (14 gennaio 2007)
Leggere per viaggiare (7 gennaio 2007)
Leggere per meditare (31 dicembre 2006)
Leggere per citare (24 dicembre 2006)
Gli occhiali per leggere (17 dicembre 2006)
Leggere, leggerezza, legge (10 dicembre 2006)
Leggere o non leggere (3 dicembre 2006)
Leggere per lavorare o lavorare per leggere? (26 novembre 2006)

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12:22:36 AM    comment [];


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