Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
a laboratory for the study of broken democracy and creative capitalism.
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Mercoledì, 3 settembre 2008
 

Professionisti della polemica

La prevalenza della comunicazione, nel mondo dei Mezzi di confusione di massa, produce strani animali. Esperti di power-point, maestri di look, persone riprogrammate in personaggi... Tra protagonisti del dibattito ci sono gli animali più temibili: i professionisti della polemica.

Conoscono le regole. E quella che apprezzano di più è: costruire è difficile, distruggere è facile. E loro distruggono. Anzi rompono.

Intervistati, a qualunque domanda rispondono esordendo sempre con un estemporaneo «no» per poi avviare il loro «bla bla». Evitano accortamente di esprimere qualunque idea (che potrebbe essere oggetto di critica), perché si concentrano su quelle degli altri (che per mestiere distruggono). E il loro trucco principale è restare sempre profondamente distanti da quello che gli altri dicono, per attaccare quello che affermano che in realtà gli altri hanno detto.

Devono avere imparato il trucco da quelle persone che ti invitano a casa e quando gli si fa un complimentto su un quadro o un mobile rispondono tristemente che è vero il lampadario non è bello, ma lo sostituiranno.

I professionisti della polemica hanno sempre la faccia arrabbiata, sono ruvidi e stanchi di essere circondati da gente che (secondo loro) non capisce nulla. Se Tizio dice «mi piace A», loro rispondono offesi che «Tizio non si deve permettere di attaccare B». E se parlano a voce abbastanza alta tutti cominciano a parlare di B. Anche Tizio, che si difende dicendo che non ha niente contro B. Sicché di A nessuno parla più.

I professionisti della polemica rovinano il senso delle parole, perché non le ascoltano. Distruggono le persone perché il loro obiettivo è giocare sulle debolezze delle persone per affermare la propria forza. Sono costituzionalmente servi dei potenti. E ammazzano ogni tentativo di dibattito costruttivo. Perché il loro scopo non è risolvere i problemi, ma stare sotto i riflettori il più a lungo possibile. Riescono così a influire sull'agenda. Ma soprattutto riescono a impedire che gli altri possano costruire un'agenda. Si comportano da attaccanti ma sono difensori. Scorretti.

Un'organizzazione politica che non sappia superare i professionisti della polemica avversari è perdente o al massimo pareggia. Non fa mai goal. Per superarli deve darsi schemi di gioco molto vari e sofisticati. Non lamentarsi delle scorrettezze avversarie. Perché nel mondo dei Mezzi di confusione di massa l'arbitro non ce la fa più, o non c'è più. Di sicuro c'è solo il pubblico. Ed è con il pubblico che occorre ricostruire qualcosa di simile a una discussione politica costruttiva.


11:53:54 AM    comment [];

Google e il suo browser

Il dibattito sul nuovo browser di Google si è indirizzato, giustamente, sulla concorrenza a Microsoft. E in secondo luogo sul potere potenziale di Google sulla vita quotidiana degli utenti. (Che non è certo troppo diverso dal potere potenziale di Microsoft sulla vita quotidiana degli utenti). Ecco un post da seguire. Da non perdere il pezzo di Wired.

Non potendolo provare - sul mio Mac - continuo a pensare alle caratteristiche annunciate del browser. E quella che mi pare più importante è la sua capacità di far funzionare programmi più complessi di quelli che finora hanno potuto girare sui browser. In questo senso è soprattutto una piattaforma di sviluppo, un candidato a fare da sistema operativo di quello che si chiama oggi cloud computing. E' una lettura parziale, naturalmente, ma serve a individuare un aspetto strategico della vicenda.

(E' una concorrenza filosofica alla Microsoft. Non tanto di prodotto. Per fare concorrenza a Microsoft, di per se, bastava sostenere Firefox e Mozilla. Del resto, Chrome parte come software che gira solo su Windows...).


10:01:06 AM    comment [];

Sull'accordo Italia-Libia

Le polemiche sull'accordo di pacificazione tra l'Italia e la Libia dipendono dal fatto che come al solito non sappiamo nulla di quello che è stato deciso. Ora emerge che una parte del trattato prevede un impegno italiano a non concedere le basi sul nostro territorio per operazioni di attacco alla Libia. Questo fa arrabbiare qualcuno. Dovremmo peraltro essere anche contenti del fatto che lo stesso accordo prevede che la Libia non permetterà di usare il suo territorio per attacchi contro l'Italia. Il testo, secondo quanto riportato da Repubblica dice:
L'articolo 4, secondo quanto riferito dal leader della Libia, sarebbe quindi stato concordato sotto questa formula: "Nel rispetto dei principi della legalità internazionale, l'Italia non usa e non permette di usare i suoi territori contro la Libia per ogni aggressione contro la Libia, e la Libia non userà o permetterà di usare il suo territorio per ogni atto ostile contro l'Italia".
A veder bene, la Libia dovrebbe cercare di bloccare anche i terroristi che eventualmente volessero attaccare l'Italia.

La verità è che queste cose non sono discusse bene e che le informazioni vengono fuori sbocconcellate. Questo è il problema grosso. Che cosa vuol dire «nel rispetto dei principi della legalità internazionale»? Che cosa significa che l'Italia «non permette» e la Libia «non permetterà»? La frase «ogni atto ostile» riguarda anche il terrorismo? Se sì, come pare, la Libia si impegna a combattere il terrorismo?

A parte questo, sarebbe interessante sapere come verranno prese le decisioni sull'attribuzione dei lavori che verranno svolti in Libia da aziende italiane. Ma questa è un'altra storia.


9:41:03 AM    comment [];


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