Luca De Biase
An Italian journalist writes about what's happening in his funny country:
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Venerdì, 25 agosto 2006
 

Chi ha ucciso i giornali?!?

L'Economist riporta una previsione secondo la quale i giornali spariranno entro il 2043. Io avrò 87 anni allora e l'avrò sfangata. Ma che cosa vedrò tra ora e quell'anno? Un triste declino, una gioiosa rivoluzione, o una sordida trasformazione?

Luca Conti
, che aveva analizzato il rapporto tra giornali italiani e social network e che ne ha scritto per Nòva (il pezzo uscirà giovedì prossimo) fa un commento. Giancarlo Radice ne parla sul Corriere. I giornali italiani citati nel pezzo sono La Stampa e la Repubblica. Problemi e risultati positivi non mancano. Tutti i casi dei grandi giornali internazionali sono presi in considerazione con le loro difficoltà. L'esempio positivo è quello del norvegese Schibsted, perché fa il 35 per cento dei suoi profitti con le attività legate a internet. L'indicazione centrale mi sembra quella di fare un lavoro di qualità piuttosto che inseguire il puro "divertimento" informativo.

Per me tutto questo è il pane quotidiano da dieci anni. E' un tema appassionante. E' una gioia parlarne e leggerne. Mi sono fatto alcune ipotesi interpretative:

1. Il giornale non è la sua carta
2. Gli editori tradizionali sono il cuore del problema
3. Il rapporto con il pubblico attivo è strategico

In particolare:
1. Distinguere. La carta è un medium e non coincide col concetto di giornale. La carta ha la sua dinamica, i suoi costi e i suoi vantaggi. Finirà, forse, ma il giornale non finirà necessariamente con lei. Il giornale non è la sua carta: è la redazione, la testata, il rapporto che ha costruito con il suo pubblico, la sua visione, la sua interpretazione dei fatti, la sua competenza. E il giornale non è neppure il suo editore.
2. Gli editori tradizionali sono il problema centrale. Possono puntare ai profitti immediati e portare i giornali alla crisi del 2043, restringendo la loro strategia alla riduzione dei costi e alla difesa delle posizioni. Possono essere pessimi se non fanno che sfruttare le posizioni acquisite senza innovare. Ma possono anche funzionare se: guardano al rapporto di lungo termine con il pubblico, pensano in modo crossmediale, riorganizzano la raccolta pubblicitaria per i contenuti generalisti e sviluppano nuovi contenuti da vendere, investono sulla competenza delle redazioni, la credibilità delle testate, la relazione costruttiva con il pubblico, la libertà di interpretazione.
3. Lo sviluppo incontenibile del pubblico attivo è un'opportunità fondamentale. La strategia dei giornali, dei giornalisti, degli editori, si deve ridefinire in modo da tener conto che una relazione costruttiva con il pubblico attivo genera ricchezza e qualità. La distinzione dei ruoli non sarà messa in discussione da nessuno. Ma la collaborazione, la conversazione, l'apertura dei giornali, la consapevolezza delle qualità del pubblico attivo finirà per essere la chiave per far diventare gli anni che restano da qui al 2043 una simpatica rivoluzione. Il mondo dei blog è il primo laboratorio nel quale sviluppare questa innovazione.

Non sarà per tutti lo stesso. I giornalisti e i giornali avranno molto da imparare. Ma questo è l'unico motivo per cui è bello fare il giornalista: si lavora per imparare.


ps. Ma, alla fine, chi ha ucciso i giornali? Chi pensa di possedere il pubblico come il feudatario possiede i servi della gleba. E chi pensa che il pubblico sia uno sciocco branco di guardoni, perditempo, interessati sono all'irrilevante. E chi pensa che i giornali siano business e non servizio. Non c'è un assassino. C'è un'associazione a delinquere.

->fast forward...                                         

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5:04:13 PM    comment [];


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