Luca De Biase
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Domenica, 23 aprile 2006
 

E ancora (2) su BlogBurst...

Massimo Mantellini commenta:
Io continuo a credere, senza addentrarmi nel gorgo delle valutazioni sul futuro del giornalismo, che sia necessario decidersi: se e' vero come dice Luca che sono i giornali a volere nuovi contenuti dai blog ne discendono secondo me due questioni:

1- Intermediari in questo processo di selezione non ne dovrebbero servire.
2- Le collaborazioni dovrebbero essere pagate regolarmente.

Una volta rispettate queste due condizioni il valore di Blogburst mi pare si avvicini allo zero.
Di certo Mante non ha torto. Ma come dice Gparker considera poco la strada e troppo la meta.

Qui il punto non è il valore di quell'intermediario. Il punto è che quell'intermediario ha favorito un incontro pratico tra le idee e le notizie raccontate dai blogger e i giornali.

Il difetto eventualmente è che tutto questo è fatto con il linguaggio e le prassi dei giornali. Del resto, non ci giocano anche i blogger con questa ambiguità accettando il nome feed (un concetto che si usa per la fornitura di notizie ai giornali) per l'rss?

La distanza è ancora grande tra i giornali e il network dei blog. Le logiche sembrano ancora poco compatibili. Gli stessi linguaggi sono differenti. Forse per questo non è del tutto irrilevante che nascano dei traduttori. Una volta che le due dimensioni avranno imparato a conoscersi meglio, quei traduttori cesseranno di servire. Ma per ora non fanno certo troppo male. (Quanto ai pagamenti: sono i blogger a concedere il permesso di pubblicare. Significa che per loro è più importante essere noti che essere pagati in quanto blogger. Restando nel gratuito, in quanto blogger, ribadiscono che stanno regalando il loro tempo alla rete. E questo mi pare - ripeto mi pare - abbastanza sano...). O no?

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7:45:36 PM    comment [];


Ancora due parole su BlogBurst

Michael Arrington un blogger e consulente per la Pluck spiega molto bene che si tratta di un sistema per cui i giornali comprano da BlogBurst un feed di contenuti presi da blog considerati affidabili  con licenza di utilizzarli poi sui loro siti o nelle loro edizioni cartacee. BlogBurst riceve soldi dai giornali cui vende il servizio ma non passa un centesimo ai blogger dei quali rivende il lavoro: in cambio ai blogger offre soltanto una maggiore visibilità, perché i giornali citano e linkano i blog originali. Qui c'è una storia di News.com in materia.

Massimo Mantellini non ci trova niente di sostanzialmente innovativo. Per Gnomixland invece in questo modo i blog conquistano i quotidiani. Su Reporters.blogosfere c'è una posizione intermedia fondamentalmente ottimistica: è un esperimento, vediamo dove porta. Altri dunque sono intervenuti più tempestivamente di me e con ottimi argomenti, ma Samuel Bunkr mi chiede un parere: eccolo qui.

Il servizio è pagato da autorevoli giornali. Significa che secondo loro ha valore. In effetti per i giornali è innovativo: trovano contenuti nuovi per i siti (affamati di pagine da riempire di pubblicità) e per la carta (che deve cercare di raccontare quello che succede nel mondo, dopo tutto...). Per i blogger è visibilità: chi ha aderito non ha perso molto tempo, con poche manovre sul sito di BlogBurst ha concesso la licenza di fare dei contenuti del suo blog un elemento del servizio di quell'azienda; di sicuro chi ha aderito aveva lo scopo di far girare di più le sue idee, punto e basta. L'innovazione è più grande per i giornali che per i blogger. Ed è una di quelle innovazioni-ponte tra mondi diversi che nel lungo termine sono poco importanti ma che nel breve creano le condizioni per nuove innovazioni.

Alla lunga il medium partecipato si farà sentire dai media tradizionali in molti modi e non solo con BlogBurst. Già si fa sentire. E il suo peso crescerà. Ma nulla ci impedisce di vedere in BlogBurst un passetto in più in quella direzione: perché adesso che pagano per quello che pensano sia il contenuto dei blogger, i giornali faranno ancora più attenzione a quello che succede tra il pubblico attivo online.

Il rischio? Che i blogger finiscano per credere di essere collaboratori dei giornali. L'ottica dei blogger è quella di costrure il medium partecipativo del pubblico attivo e di imporsi come una nuova dimensione dell'informazione rispetto a quella dei media tradizionali (dialogando con loro ma non diventandone un semplice fornitore tra gli altri).

E' ovviamente possibile - e tra l'altro non c'è niente di male - che un blogger diventi collaboratore di giornali. Ma non si deve pensare che il sistema dei blog e dei media partecipati diventi fornitore dei media tradizionali... Non sarà così. E non sarebbe giusto.

ps. Gli interessati a queste questioni trovano un sacco di soddisfazione nel numero dell'Economist di questa settimana...

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9:10:23 AM    comment [];



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