Luca De Biase
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Sabato, 19 agosto 2006
 

L'urgenza di pensare al lungo termine: in nome dei giovani

Questa settimana tre ragazzi in cerca di una strada mi hanno scritto, telefonato o parlato. A lungo. Non volevano altro che una mano a scegliere, a resistere, a credere nel futuro. Tutti mi hanno insegnato più di quanto abbia potuto insegnare loro. Io ho quasi 50 anni, non sono giovane. Ma se potessi fare come Kennedy a Berlino, direi: sono un giovane!

Giovani, sì. Senza tante ggg davanti. Senza sociologismi e senza divertiti preconcetti. Giovani che hanno qualche occupazione ma nessuna certezza. Giovani che finita l'università cercano un lavoro. Ragazzi che finito il liceo cercano un'università.

Giovani che accettano di fare stage dopo stage, gratuitamente, pur di entrare in contatto con il mondo del lavoro. Giovani che trovano molte aziende che li prendono a lavorare, purché gratis. Giovani disponibili, bravi. Che lavorano, magari sempre, ma senza un contratto vero. O che non riescono a vedere nei contratti a progetto altro che una forma di precariato.

Soffro con loro. So che per quanto si possa ragionare sulle opportunità aperte dalla grande trasformazione del sistema che stiamo vivendo, per loro è urgente trovare risposte. Subito.

E' chiaro che il mondo dei dipendenti si restringe e quello dei lavori professionali si allarga. E' chiaro che per lavorare a progetti non ci si deve pensare come precari ma come professionisti. E' chiaro che ci si deve costrure un nome, fare marketing di se stessi, farsi conoscere (anche con un blog). Ma è anche chiaro che il tessuto connettivo dell'economia è ancora quello del mondo dei dipendenti. E ti fa sentire un precario se non hai un posto fisso.

Dopo aver riformato il mondo del lavoro, occorre urgentemente riformare il tessuto connettivo dell'economia. Di che si tratta? Esempi. Le banche devono concedere mutui non solo ai dipendenti e ai figli di papà, ma anche a coloro che dimostrano di avere un curriculum di progetti realizzati significativo, che quindi sono dei professionisti credibili. Le aziende devono pagare sul serio i loro lavoratori a progetto: pagarli meglio dei dipendenti e lasciare che sviluppino una loro capacità di vendere la loro professionalità sul mercato (non bloccarli con orari di lavoro e sistemi simili a quelli dei dipendenti senza lasciarli sviluppare come professionisti). Le università devono insegnare ai ragazzi come affrontare da professionisti il mondo del lavoro, proporre continui corsi di aggiornamento anche di una settimana ai loro ex allievi, sviluppare intorno al sistema degli stage anche un meccanismo per trovare progetti da realizzare per le aziende. E poi qualcuno dovrà pur realizzare agenzie che creino piccole squadre di professionisti che si sviluppino come botteghe e gestiscano il business di fornire servizi alle aziende che non vogliono assumere.

E' necessario far nascere un contraltare efficiente al potere delle aziende nel quadro del sistema dei lavoratori a progetto. Perché questi devono diventare bravi e sicuri professionisti e non sentirsi solo dei bravi precari: non è necessaria solo una trasformazione nella filosofia di vita a portarli in questa direzione; ci vuole anche qualcosa di molto concreto sul quale possano fare affidamento. Sarebbe un'innovazione seria. Che farebbe emergere i migliori. Non i più docili.

Professionalità. Progetto. Precarietà. PPP. E' urgente aggiustare il contesto alle nuove forme contrattuali. Altrimenti non si costuisce sull'innovazione già realizzata, ma la si lascia incompiuta. E a pagare sarebbero soltanto i giovani. E' urgente pensare al lungo termine.     

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