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Piano veloce – 10 anni in 10 settimane – L’urgenza dell’importanza – e altri titoli per il PNRR della transizione ecologica

Mancano cinque settimane circa alla consegna del Piano nazionale di ripresa e resilienza. (Un comunicato del 16 marzo diceva che ne erano passate 3 dall’inizio del lavoro e che ne mancavano sette). Roberto Cingolani deve andare veloce. E in poco tempo farà qualcosa che è destinato a durare a lungo. Non si vede l’ora di saperne di più. “Il Pnrr – ha aggiunto Cingolani – si muove su 4 filoni: agricoltura sostenibile ed economia circolare; rinnovabili, idrogeno e mobilità sostenibile; efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; tutela del territorio e della risorsa idrica”.

Tutto da comprendere. Tutto importante e interessante. Dell’idrogeno, per esempio, si continua a parlare dovunque. E persino la MIT Technology Review cita l’Italia tra i paesi che hanno un piano. La IEA ci crede e segue l’argomento con attenzione. E ci mancherebbe altro. In Francia hanno deciso di investire 7,2 miliardi nei prossimi 10 anni per l’idrogeno (LeMonde). Un rapporto scritto per la Commissione una ventina di aziende industriali del settore parla di 5,4 milioni di posti di lavoro nell’idrogeno in Europa entro il 2050.

I temi sono molti. Deve nascere una vera e propria industria dal quasi nulla attuale. L’opportunità è immensa quanto la diffusione di questo atomo di idrogeno. Immettendo elettricità nell’acqua, con il processo di elettrolisi lo si separa dall’ossigeno. Se l’elettricità è solare o eolica non ci sono costi di CO2. L’idrogeno si può mandare in giro con i tubi del gas (quando saranno ripuliti dai combustibili fossili) o liquido o anche in altri modi. Lo si può usare per bruciarlo oppure per generare elettricità in una cella a combustibile (Treccani). L’emissione di quest’ultimo processo è acqua.

Potrebbe servire dunque come una sorta di “batteria” (che immagazzina energia con l’elettrolisi e la rilascia nella cella a combustibile). In tutti questi passaggi ci sono sprechi di energia. Ma non c’è emissione di CO2, quindi piaccia o non piaccia diventerà impossibile fare a meno dell’idrogeno. La Iea dice che deve arrivare a coprire il 10% del fabbisogno globale di energia nel 2050. E per arrivarci servirà innovazione tecnologica e infrastruttura: 4mila miliardi di infrastruttura. Non poco ma non inimmaginabile. A quel punto produrrà 11 milioni di gigawatt/ora all’anno.

I costi di tutto questo sono elevati. Ma caleranno con le economie di scala. E gli aerei, le navi, forse i camion, le fabbriche, potranno giovarsi di questa soluzione, in quei casi forse migliore dell’uso delle batterie. Le stesse centrali elettriche avranno il loro accumulatore a idrogeno per erogare elettricità quando manca il vento o il sole.

Non stiamo parlando di innovazioni particolarmente incerte dal punto di vista della conoscenza necessaria. Più che alle frontiere della scienza qui siamo alle frontiere dell’ingegneria e dell’economia. Era più difficile fare i vaccini contro la covid-19 in fretta che organizzare la filiera dell’idrogeno. Certo, occorre ottimizzazione. Ma non mancherà. Un fatto è certo: come nella produzione dei vaccini, chi ci crede e investe si dota di una risorsa strategica. Una risorsa che possono avere tutti quelli che ci investono. Non dipende dalla disponibilità di materie prime o da particolari concentrazioni di brevetti o altro. Dipende solo dall’investimento sapere chi sarà relativamente indipendente dal punto di vista energetico e chi resterà appeso alle esigenze degli altri. L’Italia ha un suo piano. Speriamo di conoscerlo presto.

Fonti: IEA, MIT, MITE, LeMonde, Treccani, Hydrogen Europe.

Photo by Jakub Jacobsky on Unsplash

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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