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L’incomprensibile strategia dei petrolieri e l’insostenibile rifugio nelle foreste

Il 9 febbraio scorso, l’Economist ha pubblicato un servizio che mostrava come le grandi compagnie petrolifere, a partire dalla maggiore, la ExxonMobil, intendessero aumentare la produzione di petrolio. La ExxonMobil ne produrrà nel 2025 il 25% in più rispetto al 2017. Ma anche le compagnie più piccole, come l’Eni, vantano aumenti della produzione anche se con percentuali più modeste. Secondo la ExxonMobil la domanda di petrolio e idrocarburi aumenterà del 13% entro il 2030.

Il problema è che secondo l’Ipcc, la produzione di petrolio e gas deve diminuire del 20% entro il 2030 e del 55% entro il 2050 per evitare che il riscaldamento globale superi stabilmente il livello di 1,5 grado centigrado. Già oggi i segni del cambiamento climatico si fanno sentire sulla vita della popolazione mondiale e colpiscono di più la povera gente delle periferie del mondo. Ma se si andasse oltre quel grado e mezzo le conseguenze secondo gli scienziati sarebbero molto più gravi.

Un’inchiesta di ProPublica ha mostrato che non vale la pena di rifugiarsi nell’idea che proteggendo le foreste si catturi abbastanza CO2 da ridurre l’impatto delle emissioni dovute al modelli di sviluppo basato sull’energia ricavata dagli idrocarburi, petrolio e gas. Quella strada è più densa di imbrogli che di soluzioni.

Alla radice dell’incomprensibile strategia di “Big Oil” – che porta all’aumento della produzione delle compagnie petrolifere – e della deforestazione più o meno clandestina rivelata da ProPublica e dalle immagini satellitari che il giornale non profit americano ha scoperto c’è la stessa idea: i soldi che si possono fare subito sono molto più importanti della povertà che si genera in futuro. Anche perché i due fenomeni riguardano persone e gruppi sociali molto diversi.

Il cambiamento climatico dimostra che è necessario il cambiamento sistemico. L’Ocse ne ha parlato senza ambiguità nel corso dell’ultimo Forum (Gurria, Gooch. La consapevolezza si diffonde. Un sondaggio dell’università di Yale ha mostrato che il 73% degli americani ritiene per esperienza che il cambiamento climatico sia un fenomeno reale e che generi importanti conseguenze. Il cambiamento sistemico non è facile. Richiede tempo. Ma richiede anche una direzione chiara.

Ed è questo che non si capisce dei petrolieri e dei governi che li aiutano, dagli Stati Uniti all’Europa, dalla Russia al Medio Oriente: i petrolieri continuano ad aumentare le emissioni quando la direzione da prendere è quella di diminuirle. In Italia Enel e Erg hanno dimostrato che si può cambiare strada.

Vedi:
Riscaldamento globale. Raccolta di idee, grandi e piccole

Foto:
Produzione petrolifera in Scozia

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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