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Lavoro del futuro: andiamo avanti scrivendo Lettere al Sole

Finisce oggi questa lunga serie di articoli pubblicati dal Sole 24 Ore e dedicati al lavoro del futuro. Incontri straordinari e letture profonde. Soprattutto l’approfondimento di un tema che trasforma l’economia e il futuro in qualcosa di caldo e concreto, urgente e lungimirante.

In questo post, continuerò a raccogliere i commenti di chi vorrà contribuire per poi pubblicarli tra le lettere al Sole 24 Ore il sabato.

Ecco intanto alcune regolarità che sono emerse per la stesura dell’ultimo articolo (appena lo vedo online lo linko anche qui):

1. La legge di Moore mostra come la capacità di elaborazione dei microprocessori continui a crescere a un ritmo esponenziale, generando una prospettiva nella quale aumenta la potenza dei computer in tutte le loro molteplici forme: telefoni, pc, automobili, centraline domotiche, robot e così via. Ma attenzione: contrariamente a qualche pregiudizio, questo non significa che le funzioni svolte dai computer saranno necessariamente migliori; significa soltanto che potranno far girare programmi sempre più complessi a velocità sempre maggiori, connettendosi in modi sempre più efficienti.
2. La legge di Metcalfe mostra come il valore delle tecnologie di rete aumenti esponenzialmente con il numero dei nodi connessi. Questo fa in modo che le tecnologie più usate siano prevalenti anche se non sono necessariamente le migliori dal punto di vista ingegneristico.
3. La legge di potenza, una sorta di corollario nella regolarità precedente, descrive la tendenza alla polarizzazione nelle reti: chi vince prende tutto, perché vincendo migliora e acquisisce maggior valore che quindi attira su di lui ancora più risorse, come scriveva Bernardo Huberman, all’epoca dello Xerox Parc. Ma questa polarizzazione avviene, scriveva sempre Huberman, in ogni categoria competitiva. Nella categoria dei motori di ricerca, per esempio, vince una soluzione come Google, nella categoria dei social network prevale una piattaforma come Facebook, nei marketplace vincono gli inventori del rispettivo servizio come Uber e AriBnb, e così via. Chi sa inventare una nuova categoria può sperare di conquistare la sua nicchia, grande o piccola.
4. La riduzione dei costi di transazione: l’economista del secolo scorso, Ronald Coase, spiegava la nascita dell’azienda come una soluzione per gestire elevati costi di transazione; Esko Kilpi ha mostrato che se i costi di transazione, cioè i costi connessi allo scambio di informazione, si riducono, anche l’organizzazione dell’azienda cambia. L’organizzazione ottimale è quella di un’azienda leggera, agile e dotata di un grande network.
5. La mediatizzazione degli scambi di informazione: la struttura di senso che i media producono nei contesti nei quali si fanno circolare le informazioni influenza la conoscenza che ne emerge. Tutte le aziende tendono a diventare anche media company, nel senso che devono gestire le comunicazioni con una consapevolezza mediatica che in passato potevano delegare ad altri.
6. La privatizzazione degli spazi pubblici: i mercati inventati dalle grandi piattaforme sono governati da regole definite dai privati che li gestiscono; allo stesso modo, molti spazi pubblici governati da piattaforme tendono ad assumere connotazioni privatistiche.
7. La correlazione tra neutralità della rete e innovatività del sistema si osserva sempre: se la struttura di internet lascia liberi tutti coloro che ne siano capaci di innovare senza chiedere il permesso, il contesto della rete continua a essere generativo di una fioritura di innovazioni. Se il potere dei detentori delle infrastrutture strategiche cresce al punto da poter frenare o accelerare certe innovazioni rispetto ad altre, l’insieme dell’innovatività del sistema rallenta.
8. La correlazione tra conoscenza diffusa e libertà individuale: se le persone sanno decodificare le regole implicite nelle strutture tecniche nelle quali operano possono essere soggetti attivi della loro storia, altrimenti subiscono le regole imposte dalle piattaforme che usano.
9. L’automatizzazione delle funzioni ripetitive e la valorizzazione delle conoscenze creative sembrano essere una prospettiva per il lavoro del futuro in un contesto di convivenza tra umani e macchine che dimostra come sia necessario investire sui primi almeno quanto sulle seconde.

Il dossier sul lavoro del futuro sul Sole 24 Ore:
Il lavoro del futuro una realtà già in atto
Innovazione per abbracciare le opportunità
Cogito, ergo capisco come voi umani
Se il «progetto» rappresenta l’architettura del successo
Le macchine pensate come un insieme
Gli (in)dipendenti della Gig economy
Un mercato sempre più polarizzato
Dagli ecosistemi più posti e maggiore integrazione
Tra neotaylorismo e prosperità condivisa
Sui banchi per studiare cultura dell’innovazione
La competitività passa dal territorio
Mescolare i saperi per pianificare il domani
L’era della convivenza tra uomo e macchina
Se il digitale è al servizio del «fatto bene»

La tecnologia premia chi genera valore

Ecco gli articoli qui sul blog:
Il lavoro del futuro. Una ricerca. (Vuoi contribuire?)
Il lavoro del futuro. La ricerca continua…
Lavoro del futuro. Oggi una puntata sul gioco di squadra
Lavoro del futuro. Fabbriche col consenso
Lavoro del futuro. La resistenza non è futile. Le aziende e le persone vincono insieme
Il lavoro del futuro e la polarizzazione
Il lavoro del futuro e l’ecosistema
Due scenari per il futuro del lavoro
Imparare il lavoro del futuro: il mezzo è la formazione
Il territorio per il lavoro del futuro
Lavoro del futuro: flessibilità non è strategia
Le risorse umane per il lavoro del futuro
Lavoro del futuro: artigiano, mediatico, tecnologico

Vedi anche:
L’ineguaglianza, l’ascensore sociale e il lavoro del futuro
Il vero problema dell’auto che si guida da sola. MIT
La ricerca ideologica della creatività automatica
Lavoro del futuro. Letture. Una gig economy più giusta e altri temi
EY. Italia manifatturiera. Medie aziende: due volte più robot del resto del mondo

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  • Un’azienda vincente, deve lavorare con i suoi dipendenti come fa il Barcellona con i suoi giocatori. Nel 2012, in una partita della Liga con il Levante, dal 13′ al 75′ del match tutti i giocatori del Barcellona in campo, provenivano dalla “cantera” della squadra: questo grazie alla cura che il Club riserva al settore giovanile, dove gli allenatori abituano i giocatori, sin da giovanissimi a “vivere” lo scenario della prima squadra, abbinando a questo, la capacità di “fidelity” dei grandi campioni e le abilità di “retention” della società blaugrana.Facendo una comparazione tra il Barcellona e la realtà aziendale, le aziende lungimiranti abbattono barriere e creano ponti con il futuro, definendo percorsi di carriera e offrendo elementi di supporto reali per la crescita del dipendente. Questo permette ai nuovi dipendenti, di comprendere la realtà aziendale, ponendosi l’obiettivo (almeno nel primo periodo) di imparare piuttosto che guadagnare e di porsi degli scopi di crescita personale: guardare avanti per raggiungere la prima squadra e poi in prospettiva ambire alla successione su posizioni strategiche. Se si lavora bene poi, sui talenti, come ha fatto il Barcellona negli ultimi 15 anni, questi saranno capaci di sviluppare le proprie potenzialità trasformandole in risultati, solo così si esprimerà la differenza competitiva che permetterà all’azienda di eccellere. Tutto nasce dal saper riconoscere il “Fabregas” nella selezione, nel saperlo rendere visibile ai vertici aziendali, nel tener monitorata la sua motivazione, nello sfruttare la sua creatività e nel remunerarlo correttamente in modo che non ci sia disallineamento tra il valore reso e il pacchetto economico.L’organizzazione vincente ha quindi l’obbligo di implementare un processo di valorizzazione dei talenti, attraverso programmi di formazione o rafforzando le professionalità già esistenti. La centralità del capitale umano sin dalla “cantera” è il vero motore del successo di un’azienda.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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