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In realtà, il post-umano è essenzialmente post-terrestre

Trump tradisce l’impegno preso dagli Stati Uniti sul cambiamento climatico. E’ disumano, o è il peggio dell’umano. Ma forse potrebbe essere la premessa di un concetto di post-umano un po’ più concreto di quelli che si sentono raccontare per esempio nel contesto della Singularity. E’ un’idea che viene seguendo un ragionamento dell’astronomo inglese Martin Rees, Fellow of Trinity College and Emeritus Professor of Cosmology and Astrophysics at the University of Cambridge. Ne parla su Edge.

Sappiamo che il post-umano è in realtà umanissimo, è la conseguenza della tecnologia progettata dagli umani, non è altro che un’espressione dell’umano. La modifica per via tecnologica dell’ambiente, del corpo, della mente umana non genera il post-umano, ma casomai l’umano nella sua “normale” dinamica evolutiva. E l’umano reagirà alle trasformazioni che può apportare al proprio corpo. Le società saranno prudenti nell’utilizzo dell’editing genetico sugli umani, nell’introduzione di chip nel cervello umano, nell’ingegneria ambientale più sperimentale, perché prima o poi si porranno il problema di controllare le conseguenze indesiderate. Magari attualmente non stanno reagendo perché la dinamica tecnologica è troppo veloce, ma prima o poi tenteranno di aggiungere un po’ di prudenza al processo. Ne è convinto il professor Rees. Che però da astronomo è affascinato da un’altra idea.

La tecnologia per l’esplorazione di Marte sta crescendo a vista d’occhio. E sebbene la stragrande maggioranza della gente non abbia alcuna intenzione di andare a vivere su Marte, ci sarà da qualche parte qualcuno che deciderà di andare a fare il pioniere sul pianeta rosso, anche con un biglietto di sola andata. E’ solo un’ipotesi, ma sapendo quanto sia vario il genere umano, può essere che qualcuno decida una cosa del genere per la sua vita. Ebbene, per quegli umani che andranno a vivere – e a morire – su Marte, ci saranno meno remore a tentare forme di adattamento spinto, con chip nel corpo, editing genetico spinto e ingegneria ambientale. Questi umani saranno pionieri sia per il pianeta che andranno a colonizzare sia per la velocità di mutazione per via tecnologica che accetteranno di sperimentare per adattarsi alla vita su Marte.

Significa che qualcosa di quanto si è detto del post-umano, potrebbe in realtà essere una forma di evoluzione umana post-terrestre.

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  • Magari attualmente non stanno reagendo perché la dinamica tecnologica è troppo veloce, ma prima o poi tenteranno di aggiungere un po’ di prudenza al processo. Ne è convinto il professor Rees. Che però da astronomo è affascinato da un’altra idea. Really?

Luca De Biase

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