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Progetto per il discernimento. Articolo fuori programma inviato da Giacomo Ruggeri, sacerdote, sugli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola

Non c’erano linee guida troppo chiare, forse, nel progetto per il discernimento. Sta di fatto che Giacomo Ruggeri, sacerdote, ha voluto mandare un contributo che individua negli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola una grande innovazione… Ecco il testo.

Persona, discernimento, web: “Esercizi spirituali” di Ignazio di Loyola

Esercizi spirituali e web non sono un ossimoro. I primi: spazio dilatato, prolungato e ritmato, luogo fisico ricercato e tranquillo, tempo riflesso e di riflessione, ambiente che tutto converge al saper mettere ordine dentro di sè, una guida, qualcuno con cui dialogare ben sapendo che la guida è come la stadera e a far la (vera) differenza sei tu e la tua interiorità.
Il secondo: basta un polpastrello del dito per surfare nel mare digitale, i suoi flutti e le sue onde riverberanti il reale, la cronaca o ciò che di essa pare essere; il web, talmente vicino che ci abita dentro e dal di dentro ci muove, smuove, incide, performa, agita e attrae.
Esercizi spirituali e web non sono un ossimoro, ma un intelligente opportunità per svelare, rivelare e riconsegnare alla persona la sua identità. Quando inizia un corso di Esercizi spirituali si chiede all’esercitante di valutare se sia il caso, o meno, di silenziare iPad e smartphone. Con l’esercizio della sua coscienza arriva a una scelta. Poi ti accorgi che questi strumenti, sintesi di tanti altri, delle sue protesi e dei suoi derivati, anche se spenti o silenziati abitano al suo interno, come se fossero ipodermizzati. Te ne accorgi da cosa dice, ma soprattutto da come te lo dice: nella confusione, con rabbia, passando da un argomento all’altro in una melassa di link mentali impazziti.
L’esperienza umana di circa 500 anni fa in Ignazio di Loyola è stata da lui trasfusa e certosinamente scritta nel libretto degli Esercizi spirituali. Non è un testo da leggere, come tanti altri, ma un’esperienza da vivere. Non c’è una parola che non abbia il sapore del vissuto, dello sperimentato sulla propria pelle, specie quella interiore. Con un balzo in avanti di altri cinquecento anni, oggi il web è il riflesso di ciò che si agita e si muove nell’anima della persona. In ciascuna. Il senso del web è come un cane che si morde la coda: ha uno spessore di senso perché in esso, il web, abita la persona integrale in costante ricerca e definizione di dare senso alla propria esistenza. Per questo, anche il web è luogo vivo dove “Cercare e trovare Dio in tutte le cose”, dice il fondatore dei Gesuiti al paragrafo 2 degli Esercizi. Continuare a contrapporre reale e virtuale o, peggio ancora, perpetrare l’invito (anche in campo ecclesiale) a coltivare relazioni vere anche nel reale, ha il sapore dell’insensatezza. Non ha senso, perché ogni persona fa circolare integralmente se stessa nella circolarità reale-virtuale. Anzi: in quello che definisco l’Homo Egoselfie vi è la capacità nella persona di essere più se stessa e vera quando partecipa al dialogo in rete che nel dialogo vis-à-vis. La selfagia (mi nutro della mia immagine) e la compulsione selfica (posto me stesso come cibo per gli altri e forte nutrimento di me stesso) mi dice che il desiderio di profondità e di interiorità corre e percorre la via epidermica di ciò che può essere etichettato (velocemente e banalmente) come pura apparenza e superficialità, ma non lo è. È tutt’altro. È proprio l’estetica che mi rivela l’anelito di profondità e di u. Voler mettere ordine in sè, ma non sapere come fare e da dove partire.
Non c’è un dentro e/o un fuori, ma un circolo permanente, portando la persona a sentirsi in un bilocazione costante dove la fisicità (ciò che fai, dove sei, con chi sei, cosa mangi, cosa i tuoi occhi vedono, ecc) è spalmata sulla rete.
Persona, discernimento, web: vederle, soprattutto pensarle, come realtà separate non aiuta e non serve. Viverle, invece, come dinamiche nelle quali diventare sempre più allenati, esercitati e saggi credo che sia la strada da favorire e percorrere. Al termine di un corso di Esercizi spirituali, quando chiedi alla persona come ha vissuto questi giorni, una delle risposte ricorrenti è la seguente: sono arrivata/o con la confusione, riparto con la consapevolezza di voler (dover, come esercizio costante) mettere ordine.
Non è l’ordine frutto del disordine delle cose, ma è l’ordine che matura nel disordine della confusione interiore centrifugata nei molteplici profili digitali, come un prurito desideroso di moltiplicarsi per non essere (alla fine) nessuno, per dirla alla Pessoa.
Esercizi spirituali e web non sono un ossimoro. Portano alla luce un disordine che viene scambiato per ordine al quale ci si abitua; modo di vivere frutto dell’essere al passo con i tempi, per scoprire (al termine della giornata) che proprio i tuoi piedi sono stanchi e pesanti non per ciò che han fatto o non fatto, ma per la direzione che non hanno trovato sulla quale camminare. Non so se il libretto degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola sia un testo che ha segnato, o meno, il terzo millennio; sono testimone costante – questo si – di ciò che si agita nel cuore e nell’anima della persona perché a dirtelo, prima ancora delle sue parole, è il suo vissuto, la sua vita. Un progetto di discernimento per la cultura sociale e tecnologia del tempo attuale credo che debba valorizzare l’anelito che scorre nel web, sapendosi innestarsi intelligentemente in esso non come accidente, ma come scelta e quale servizio prezioso di accompagnamento alla persona.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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