Home » ricerche » Progetto per il discernimento. Barbara Mazzolai, Centro di Micro-BioRobotica, Istituto Italiano di Tecnologia. Il futuro dei robot: l’evoluzione di una nuova specie?
ricerche

Progetto per il discernimento. Barbara Mazzolai, Centro di Micro-BioRobotica, Istituto Italiano di Tecnologia. Il futuro dei robot: l’evoluzione di una nuova specie?

L’introduzione delle macchine a vapore, l’ampia disponibilità di energia, le scoperte conseguite in seguito agli studi sulle particelle nucleari e lo sviluppo della società della conoscenza hanno segnato le prime tre “rivoluzioni” della struttura produttiva e, più in generale, del tessuto socio- economico dei paesi sviluppati, a partire dalla metà del ‘700. La forte spinta all’innovazione tecnologica, la realtà aumentata, l’Internet of Things, i moderni studi sull’intelligenza artificiale e i recenti risultati della ricerca nel settore della robotica di servizio rappresentano i pilastri a partire dai quali prende slancio la quarta rivoluzione industriale, l’industria 4.0. L’inizio del terzo millennio vede quindi come uno dei suoi principali interpreti il robot e la sua presenza nella società moderna.

Queste macchine, più o meno pensanti, hanno fatto molta strada da quando, duemila anni fa, comparvero i primi robot progettati da Erone ed esibiti sul proscenio di Alessandria d’Egitto: automi dotati di ingranaggi per il movimento, reso possibile e coordinato attraverso un sistema di corde e carrucole.

Ma, per una loro concreta “attribuzione di genere”, ovvero per l’elemento che sancisce nei fatti il riconoscimento “ufficiale” dei robot e la loro differenziazione rispetto alle altre macchine, occorre attendere il 1920 quando, nel dramma teatrale I robot universali di Rossum, dello scrittore ceco Karel Čapek, viene coniato il termine robot, dalla parola ceca robota, schiavitù. Non stupisce, quindi, che i primi robot in epoche recenti siano stati impiegati in ambito industriale, a partire dagli anni sessanta, per automatizzare processi di lavorazione.

Cosa sono e come sono fatti, invece, i robot del nuovo millennio? Veicoli a guida autonoma che consentono una totale rivisitazione del concetto di autovettura (inimmaginati anche nei migliori film di fantascienza), droni, robot assistenti in ambienti domestici e industriali, robot chirurghi, esoscheletri, automi ispirati al mondo della Natura, tutti in grado di muoversi in spazi non strutturati (ovvero l’ambiente che ci circonda), sono questi soltanto alcuni dei rappresentanti di questa nuova specie artificiale, robot di servizio nati per il miglioramento della qualità della vita dell’uomo.

Ma quanto siamo davvero lontani da un uso quotidiano e di massa dei robot, così come è avvenuto per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nel corso dell’ultimo ventennio del ‘900, quando si è assistito al passaggio dai laboratori universitari e dall’industria alla presenza di un computer in ogni casa e, più recentemente, uno smartphone in ogni tasca?

Ebbene, i robot sono già in mezzo a noi, ma hanno forme diverse da quelle che abbiamo imparato a conoscere nei film di fantascienza, umanoidi e replicanti che vanno oltre le capacità e conoscenze umane, diventando una minaccia per l’umanità.

La medicina è uno dei settori dove i robot stanno svolgendo e svolgeranno compiti sempre più sofisticati e utili all’uomo. Il Da Vinci, della Intuitive Surgical, è il robot più conosciuto in questo ambito. Il chirurgo opera attraverso quattro braccia robotiche che controlla a distanza mediante una console e un particolare joystick. Gli strumenti chirurgici robotizzati imitano la destrezza del polso e della mano umani, eliminando i tremori e assicurando una più precisa coordinazione occhio-mano. Tuttavia sono ancora molti gli aspetti da migliorare, come l’aumento della sensazione tattile, tipica dell’uomo, ma non ancora così sofisticata in questa tipologia di robot, e la riduzione dei tempi dell’operazione. La telechirurgia rappresenta di per sé una nuova frontiera. Lo sviluppo di tecnologie robotiche sempre più sofisticate, insieme a sistemi di telecomunicazioni in grado di trasferire in tempo reale una quantità enorme di informazioni, consentiranno di far giungere immagini e di muovere i bracci meccanici degli strumenti anche a migliaia di km di distanza, consentendo al chirurgo di operare anche in paesi con sistemi sanitari meno sviluppati.

Per assistere alla passeggiata di un robot umanoide che cammina a piedi nudi sulla sabbia, intento all’accompagnamento dei bambini o di soggetti con limitata mobilità, dovremo attendere ancora qualche anno. Molti centri di ricerca internazionali stanno progettando questo genere di macchine, che serviranno l’umanità col ruolo di assistenti, nelle nostre case, per svolgere compiti di assistenza o per supportarci nei lavori domestici, così come in ambienti di lavoro o in spazi aperti, in grado di operare a stretto contatto con le persone, delle quali avvertono già oggi la presenza, grazie a sofisticati sistemi di sensori. Baxter, un robot dalle sembianze vagamente umane, dotato di due lunghe braccia e un monitor su cui appaiono occhi e bocca, è stato progettato e realizzato dalla Rethink Robotics e rappresenta il primo esempio di robot in grado di lavorare in sicurezza a fianco dell’uomo, condividendo con lui gli stessi ambienti, capace di operare anche in catena di montaggio.

Ma la vera rivoluzione in questo settore è rappresentata dall’avvento della robotica ispirata alla Natura, dallo studio di minuscoli organismi come i batteri per lo sviluppo di micro-robot che saranno utilizzati in ambito diagnostico e terapeutico all’interno del corpo umano, a quello di animali e piante per la realizzazione di robot che, essendo più simili agli organismi viventi, sanno muoversi in maniera più efficace ed efficiente in ambienti impervi e mutevoli. Le applicazioni di questi robot vanno dal salvataggio dopo disastri e calamità naturali, al monitoraggio dell’ambiente, all’esplorazione di nuovi ambienti e pianeti, allo sviluppo di endoscopi più flessibili e in grado di rilasciare localmente farmaci e/o di individuare anomalie tissutali.

Una macchina, intrinsecamente diversa da ogni altra macchina finora realizzata, perché più simile a noi o ad altri esseri viventi che popolano questo pianeta. Per questo motivo molte sono le domande che i ricercatori che lavorano nel campo della robotica si stanno ponendo, domande che vanno oltre la mera disfida scientifica e tecnologica. Come possiamo quantificare le imprevedibili e contrastanti norme che guidano le scelte umane? Come possiamo dotare i robot della capacità di comunicazione atte a spiegare le proprie scelte, in modo che possano farsi capire dagli esseri umani? In modo che rendano trasparenti, comprensibili e anticipabili i loro processi di decision making? Desideriamo che i robot siano capaci di prendere decisioni, così come ci aspetteremmo dagli esseri umani o da altre specie che popolano la Terra? La tendenza a voler attribuire una moralità ai robot è sempre più diffusa tra i ricercatori.

Ma l’introduzione delle macchine autonome in contesti reali non pone soltanto sfide scientifiche e tecnologiche, essa ha anche avviato il dibattito circa le nuove regole, da scriversi, ad esempio, in termini di codice della strada, di responsabilità e fattispecie di reato, di proprietà o mero utilizzo di un bene e così via: nuovi principi dovranno essere introdotti nella nostra società, per consentire ai robot di condividere i nostri stessi spazi e gestire al meglio le opportunità (e le inevitabili criticità) che si presenteranno da questa convivenza.

Riflettendo con attenzione sul mondo che ci circonda, abbiamo capito di essere dunque molto più vicini di quanto immaginassimo ad un uso quotidiano e di massa dei robot. E allora, “Come possiamo difenderci dai robot che ci ruberanno il lavoro?”. Oggi sorridiamo di fronte agli anatemi che taluni lanciavano nel corso degli anni Ottanta del Novecento: “I computer che ci toglieranno il lavoro”. Sappiamo bene che la Storia si è scritta in modo diverso, che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno rappresentato una straordinaria opportunità di crescita economica, culturale e sociale per l’Umanità, una crescita che accompagna senza soluzione di continuità la nostra generazione da quasi un trentennio.

I robot non ci ruberanno il lavoro, piuttosto contribuiranno a migliorare la nostra esperienza di vita.

Anche solo rimanendo concentrati sulla “semplice” forma robotica di un veicolo a guida autonoma, ovvero un sistema meccatronico a navigazione autonoma, si prevede che l’introduzione massiva di queste autovetture ridurrà la quasi totalità degli incidenti stradali, eliminando, al contempo, tensioni e restituendo tempo libero alle persone.

Ed è questa una importante chiave di lettura di questo fenomeno: l’Epoca dei Robot completerà il percorso già avviato con la Società dell’Informazione, permettendo all’Umanità di riappropriarsi di una gran parte del proprio tempo libero, rendendo superflue o delegando a terzi una molteplicità di piccole cose del nostro quotidiano.

A noi sarà concesso, come sempre, il libero arbitrio sull’uso che intenderemo fare del nostro tempo libero, perché, come ben sanno gli abitanti di Solaria (ne “Il sole nudo – The Naked Sun”, Asimov, 1957), ozio, isolamento ed involuzione rappresentano la degenerazione genetica dell’eccesso di una vita libera da impegni e responsabilità.

Ma autonomia non vale autoreferenza, né consapevolezza. All’alba del terzo millennio un nuovo “personaggio di scena”, al quale difettano (per il momento) sentimento, istinto ed emozioni, sta affiancando i robot, affacciandosi timidamente sul proscenio di Erone: l’intelligenza sintetica che, come in un sistema binario di stelle, trova nell’Internet of Things una piattaforma tecnologica in grado di esaltare al meglio le possibilità di interazione e collaborazione con altri suoi simili sintetici.

Sarà sufficiente il tasto rosso (di Google) a fermare una nuova forma di consapevolezza?

Molte sono le sfide che ancora ci attendono nel mondo della robotica e dell’intelligenza artificiale, che passano anche attraverso lo sviluppo di sistemi energetici più efficienti, materiali più naturali e eco-sostenibili, e capacità di apprendimento e adattamento a habitat naturali e antropizzati. Ma la sfida più affascinante è capire a fondo le prospettive e le reali responsabilità che lo sviluppo di queste tecnologie ci pone, provando a immaginare gli impatti che avranno o che potrebbero avere sulla vita e sul benessere delle persone nel corso dei prossimi decenni.

Un nuovo “effetto fionda” nel percorso di crescita del genere umano o il manifestarsi di una singolarità nell’evoluzione della nostra specie?

Home Progetto Discernimento

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi