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Usa-Ue: le lobby fanno la differenza sui dossier privacy, net neutrality, tasse

Con il nuovo accordo sulle regole per il trasferimento di dati tra Usa e Ue, l’Europa segna un punto a favore dei suoi principi di protezione dei diritti della persona. Ma la forza che ha portato a questa decisione è quella delle multinazionali digitali americane che hanno di fatto spinto il governo Usa a cedere, promettendo di non fare più sorveglianza di massa contro gli europei. La Microsoft aveva addirittura avviato un piano di costruzione di datacenter in Europa e affermato che quelli siti in Germania sarebbero stati sottoposti all’amministrazione fiduciaria della Deutsche Telekom, non obbligata a obbedire al governo americano in caso di richiesta di dati (cronaca e commento sul Sole).

Gli attivisti per la privacy continuano a essere critici. Oggi vedremo che posizione prenderanno i Garanti per la protezione dei dati personali in Europa. Ma almeno si vede un impegno americano a favore del punto di vista europeo. Non è una cosa che avvenga spesso. Ma gli americani sono pragmatici e le loro lobby digitali contano.

Nel frattempo, gli europei, in ordine sparso stato per stato e in modo coordinato a Bruxelles se la prendono con le multinazionali americane sulle tasse. La Francia vuole una riparazione da Google più alta di quella che l’azienda americana ha pagato in Gran Bretagna. La discussione in Italia è aperta. Ma la Apple ha già accettato di pagare tasse “arretrate” in Italia. E a Bruxelles la discussione è ancora più accesa. Con la stessa autorità Antitrust in gioco. Evidentemente la lobby delle piattaforme americane vuole farsi largo in Europa e piacere di più concedendo qualcosa al fisco locale, anche perché fronteggia ben altri problemi (Bloomberg, Politico, Guardian, qui). Quelli posti dalle lobby locali.

Il problema principale è la spinta contro la net neutrality che la lobby europea delle compagnie telefoniche sta portando avanti con costante cinismo. Il Parlamento avrebbe dovuto difendere il principio – il diritto – della net neutrality. Ma sotto la spinta della Commissione e delle lobby più forti a Bruxelles ha accettato un compromesso che non lo è: in cambio di un futuro abbattimento del roaming ha ammesso che esistano servizi speciali diversi da internet che costino di più, ha ammesso che le compagnie telefoniche possano maneggiare la velocità del traffico applicazione per applicazione, ha ammesso che le compagnie telefoniche possano scontare il costo del traffico agli utenti di particolari servizi in offerta con i loro pacchetti dati (zero rating). Una normativa piuttosto ambigua che consente ogni genere di abuso o discussione legale. Almeno fino a che il Berec non spiegherà la giusta interpretazione. Che dovrebbe essere: i servizi speciali devono essere solo quelli di interesse strategico, quelli relativi alla salute, quelli che vanno assolutamente protetti da intrusi in nome della sicurezza pubblica, e comunque non profit; la gestione del traffico deve essere fatta solo per l’efficienza del sistema e non per favorire o sfavorire questo o quel servizio; lo zero rating non può essere esclusivo (lo stesso servizio deve poter essere offerto a sconto da più compagnie). Un riassunto del tema net neutrality dal punto di vista delle startup – da leggere – è di Garrick Long.

Insomma, le lobby influenzano le decisioni politiche sul digitale in Europa e in America. Le multinazionali e i giganti nazionali contano sui politici in mille modi. Qualche volta i politici riescono ad ascoltare la voce delle persone che vivono nei territori da loro governati. L’America ha ascoltato la sua popolazione sulla net neutrality. E l’Europa – grazie alla Corte – ha ascoltato la sua popolazione sulla sorveglianza di massa americana. Ma niente sembra garantire che una volta superato un periodo di accesa attenzione dell’opinione pubblica, le lobby, che attendono pazienti, non riescano a prevalere.

Per questo occorrono principi invalicabili. L’equità fiscale va fissata in modo internazionale, come è nell’interesse di tutti gli stati. Il diritto all’innovazione garantito dalla net neutrality va garantito a livello internazionale perché è fondamentalmente la possibilità di fare concorrenza ai poteri economici costituiti. I diritti della persona e il diritto alla libertà di espressione possono e devono trovare una formulazione che le democrazie occidentali possano condividere. A questo livello di discussione, i principi servono a stabilire il terreno di gioco sul quale poi le lobby e gli altri potentati possono agire senza mettere a repentaglio gli interessi di tutti. Conviene soprattutto all’Europa, le cui lobby appaiono attualmente più retrive e anti-innovative rispetto a quelle americane. Imho.

Vedi:
Dichiarazione dei diritti in internet, Camera dei deputati.

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  • […] La relazione tra economia e politica è raccontata in un pezzo che ne ricostruisce la storia dall’Economist. La democrazia occidentale è di fronte a scelte decisive per il pianeta, per la qualità dello sviluppo umano, per il sul stesso destino. Gli interessi delle corporation sono parte del processo decisionale: ma il loro potere è equilibrato? Alla luce di quanto succede tra Washington e Bruxelles su temi complessi e fondamentali come internet. […]

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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