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Digital Humanities, Bocconi e Bruxelles

Una disciplina emergente. Le Digital Humanities sono partite come una sorta di applicazione delle tecnologie digitali alla ricerca degli umanisti, con attività di digitalizzazione degli archivi e altro. Ma oggi sono evolute, in parallelo con la pervasività dell’infosfera e l’evoluzione delle problematiche sulla concezione dell’umano. Insomma, non si tratta di più di digitalizzazione dell’abituale ma di esplorazione dello sconosciuto.

Vorrei segnalare due programmi di lavoro avviati. Il primo è alla Bocconi. Il secondo all’Istituto italiano di cultura a Bruxelles.

Alla Bocconi faremo un corso intitolato “Digital humanities. Media Ecology: information in the digital age“. Il programma è in evoluzione e la bibliografia da sviluppare. Si parlerà di: infosfera, futuro, innovazione, felicità, piattaforma, diritti. Il corso sarà molto interattivo e gli studenti saranno chiamati a sostenere le loro tesi di fronte agli altri sui temi che più li affascinano o per i quali avvertono l’urgenza di discutere: di certo, in effetti, c’è molto da discutere su questi concetti strategici che sfidano la nostra comprensione e che definiscono il nostro destino plurale. Il corso si terrà tutti i lunedì, dall’8 febbraio al 7 marzo, dalle 12:30 alle 14:30, salvo il 7 marzo quando oltre alla solita lezione a metà giornata ci sarà un finale alle dalle 18:00 alle 19:30.

All’Istituto italiano di cultura di Bruxelles organizziamo quattro incontri: digital and algorithmic journalism (24 febbraio); internet governance and human rights (3 marzo); designing sustainable cities (13 aprile); understanding technology and the science of evolution (27 aprile). Gli incontri saranno al Bozar, alle 19:30 (programma in pdf).

Si tratta di due piccoli contributi alla ricerca e alla critica delle abituali interpretazioni della grande trasformazione che sta avvenendo sotto i nostri occhi, che provoca disorientamento e richiede grande consapevolezza. Non lezioni ma esplorazioni. Con uno scopo: per essere attori del cambiamento – e non spettatori passivi – non possiamo lasciarci condurre dai discorsi promozionali: non dalla banalità della tecnofilia acritica e nemmeno dall’intimidazione conservatrice.

Le Digital Humanities, peraltro, sono un percorso di ricerca importante. L’ormai classico libro di Anne Burdick, Johanna Drucker, Peter Lunenfeld, Todd Presner e Jeffrey Schnapp – Digital Humanities – è una lettura da non perdere.

WE LIVE in one of those rare moments of opportunity for the humanities, not unlike other great eras of cultural-historical transformation such as the shift from the scroll to the codex, the invention of moveable type, the encounter with the New World, and the Industrial Revolution. Ours is an era in which the humanities have the potential to play a vastly expanded creative role in public life.The present volume puts itself forward in support of a Digital Humanities that asks what it means to be a human being in the networked information age and to participate in fluid communities of practice, asking and answering research questions that cannot be reduced to a single genre, medium, discipline, or institution. Digital Humanities represents a major expansion of the purview of the humanities, precisely because it brings the values, representational and interpretive practices, meaning-making strategies, complexities, and ambiguities of being human into every realm of experience and knowledge of the world. It is a global, trans-historical, and transmedia approach to knowledge and meaning-making.

Yet there remains a chorus of contemporary voices bewailing yet another “definitive” crisis in humanistic culture, yet another sacrifice of quality on the altar of “mere” quantity. Our response is not just a counterargument in favor of new convergences between quality and quantity, but also one in favor of a model of culture embodied by this book itself. We do not think the humanities are in perpetual crisis or imperiled by another battle for legitimacy with the sciences. Instead, we see this moment as marking a fundamental shift in the perception of the core creative activities of being human, in which the values and knowledge of the humanities are seen as crucial for shaping every domain of culture and society.

Primi riferimenti:
Luciano Floridi, The 4th Revolution. How the infosphere is reshaping human reality, Oxford University Press 2014
James Gleick, L’informazione. Una storia. Una teoria. Un diluvio, Feltrinelli 2011
Claude Shannon, A mathematical theory of communication, 1948 (pdf)
Journal of digital humanities
Stanford. Digital Humanities
Digital Humanities Now

In tutto questo, la ricerca parte dalla impostazione fondativa che Claude Shannon ha dato alla matematica della comunicazione quando separa l’informazione dal significato. Forse le Digital Humanities sono un tentativo di ricongiunzione tra le dimensioni dell’informazione e del significato che non tradisca né l’una né l’altro?

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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