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Giuliano da Empoli. I giacobini e la cultura

Il libro di Giuliano da Empoli, “La prova del potere”, parte da una osservazione e diventa un programma. L’osservazione della generazione che ha preso il potere. Il programma di risvegliare l’Italia a partire dalla sua cultura.

I quarantenni che hanno preso il potere, dopo i primi smottamenti girondini, sono per da Empoli i giacobini rottamatori che prendono il posto degli zombie sessantottini quando questi non ce la fanno più. Ma non è un’immagine stabile. Anzi è in piena trasformazione: perché i quarantenni alla prova odierna del potere si trovano a passare velocemente dal ruolo di distruttori a quello di costruttori. I sessantottini di da Empoli, con il loro vecchissimo interprete della destra televisiva, hanno fallito il “sequel” della saga del Dopoguerra: lanciato a livello internazionale con la fine del Muro di Berlino del 1989 e arrivato in Italia con Tangentopoli nel 1992 non ha avuto successo. E così i giacobini si trovano a dover fare anche gli imperiali e forse i restauratori pragmatici. Del resto, la metafora storica regge fino a un certo punto: questa non è la Rivoluzione Francese, è casomai la Seconda Ricostruzione Italiana. Perché le vere macerie le hanno lasciate gli altri. E i ricostruttori possono riuscire solo se hanno un programma che sintetizzi la rottamazione e la riprogettazione. E nel libro di da Empoli, l’idea c’è.

Ogni ritratto generazionale fa sentire escluso chi non ne faccia parte. La mappa generazionale non dice “voi siete qui”: dice soltanto “noi siamo qui”. Gli altri si arrangino. Viene voglia di ripensare alla propria biografia. Troppo giovane per aver fatto il ’68, troppo vecchio per fare la rottamazione. Gandhiano in mezzo ai violenti moti rossi e neri degli anni Settanta. Storico troppo tardi, quando arrivano i veri barbari della tv commerciale degli anni Ottanta. Internettiano troppo presto, negli anni Novanta, prima che diventasse un must alla moda. Innovatore sempre, ma un po’ straniero ovunque. E soprattutto escluso e autoescluso dal “potere” anche per fedeltà alle letture anti-ideologiche di Tolstoj e Tolkien.

Eppure il libro di da Empoli parla anche alle altre generazioni, non solo alla sua. Perché è un programma che supera la mappa iniziale e diventa interpretazione del ruolo italiano nel mondo. A partire dalla cultura, secondo una chiave di lettura braudeliana. La nuova epoca della conoscenza è l’occasione italiana per eccellenza se riporta la sua storia a dialogare con la contemporaneità. È l’opportunità non-violenta di conquistare spazio di valore senza spargimento di sangue e di inquinamento. È l’innovazione della tradizione, cioè della sorgente culturale di chi sa fare le cose bene.

E poi è scritto così bene che, anche solo per questo, fa venire voglia di dargli ragione…

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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