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Il caso Google, l’Antitrust. E l’esperienza di Windows

Un post molto umile per un tema molto complesso.

Fino a che una tecnologia di rete è forte, cresce e conquista tutto il mercato. È la legge di Metcalfe. L’effetto-rete: chi vince piglia tutto, all’interno di un contesto. Quando è spiazzata dall’emergere di un nuovo contesto, quella tecnologia si attesta sulle posizioni o cerca di ridefinirsi, ma spesso continua a fare tanti soldi e fatica a cambiare in modo decisivo. Forse non ne ha neppure bisogno. L’Antitrust, in questo percorso non può impedire che una tecnologia di rete sia di fatto monopolistica nella sua categoria, casomai può contrastare l’abuso di posizione dominante che conduce il monopolista a invadere mercati e categorie vicine al suo spazio. Ma il suo successo in questo lavoro – per i consumatori e per l’ecosistema dell’innovazione – dipende dalla corretta definizione dei confini del mercato. Il che è proprio il problema che internet contribuisce a rendere tanto difficile. Perché sulla rete i confini saltano e si ridefiniscono ogni giorno.

Il caso Antitrust che ha riguardato Windows è andato avanti per anni. Quando è partito la Microsoft appariva imbattibile. Quando è finito era già strategicamente stata battuta. L’Antitrust può aver contribuito un poco al passaggio, ma quello che è stato importante è avvenuto nel contesto dell’evoluzione tecnologica: internet è emersa, il personal computer ha perso centralità, Google è cresciuta la Microsoft ha perso importanza.

Ora l’Antitrust prende di mira Google in un momento in cui è ancora fortissima, anche se già non è più quella di una volta perché il mondo del web è stato spiazzato dal mondo dell’internet mobile. Google è saltata sopra questo nuovo mondo con Android e le mappe.

Tutti i giocatori di questa partita hanno fatto esperienza. Google ha scelto la linea dura con l’Antitrust perché più o meno sa che quella di cui si parla è una questione di retroguardia. L’Antitrust al momento sta ancora parlando fondamentalmente di web ma sa che deve muoversi velocemente anche verso le questioni dell’internet mobile. Google pensa di poter tirare molto in lungo la vicenda e comunque ha messo in conto di poter perdere un po’ di soldi. Ma persegue la sua linea strategica. E se riuscirà sarà soltanto quando avrà trovato l’armonia tra la sua grande tecnologia sul web e la sua più complicata posizione sul mobile.

Ne viene fuori un’alternativa: una guerra di trincea tra Google e Antitrust; o un’evoluzione positiva che dal contrasto tra le due posizioni produca una maggiore consapevolezza per tutti. In effetti, paradossalmente, potrebbero scoprire di avere lo stesso interesse. Strategicamente, Google vive se non strangola l’ecosistema internet e anzi se l’ecosistema cresce rigoglioso: dunque se esagera nello sfruttare la sua posizione dominante fa male agli altri e anche a se stessa. Le tentazioni non mancano e l’Antitrust può aiutare a mettere tutti in guardia. Peraltro, l’obiettivo europeo di sviluppare piattaforme continentali concorrenziali con quelle americane per la nuova fase della rete potrebbe nascere in una situazione di forte conflitto, ma per come è fatta l’Europa sembra più probabile che nasca meglio in un contesto un po’ più favorevole e meno teso.

Per tutti il problema è che i confini dei mercati non sono stabili. Non si parla solo di quote di mercato esistente, su internet, ma anche di quote di mercati che ancora non esistono. E che l’innovazione che li genera è un valore da salvaguardare nell’interesse dell’economia di tutti gli stakeholder.

Teniamo presente che la nuova ondata, dopo il web e dopo il mobile, è la prospettiva dell’internet delle cose, dell’intelligenza artificiale, dei big data: si possono ridefinire i contesti nei quali i vincitori del passato hanno costruito il loro attuale potere.

Questo post, come si vede, raccoglie tanti elementi di un ragionamento, ampio complesso, ma non del tutto coerente. Che cosa ne viene fuori? L’evoluzione strutturale ed economica è largamente autonoma dall’intervento dell’Antitrust. Casomai dal confronto può emergere un sistema di incentivi favorevole all’evoluzione in senso più armonico tra gli interessi dei diversi stakeholder. Ma alla fine sembrerebbe di poter dire che l’azione dell’Antitrust è in parte concretamente organizzativa, ma che soprattutto è culturale. Imho.

Vedi anche:
Un resoconto particolarmente interessante da leggere è sull’Economist: Google finally responds to Europe’s antitrust charges.
La notizia di ieri: Google risponde all’Antitrust.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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