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New Bologna Times

Il New York Times – lo avrete visto – ha dedicato un pezzo bellissimo a Bologna: Italian Neighbors Build a Social Network, First Online, Then Off. L’idea della “social street” era piaciuta anche agli italiani, ma chissà perché ora che piace anche agli americani ci piace ancora di più.

Ma il punto è che la relazione tra la rete sociale online e la rete sociale offline si rafforzano a vicenda in modo molto intenso ed emotivamente soddisfacente. Ovviamente è da tempo che abbiamo compreso come la distinzione tra le dimensioni che un tempo molti chiamavano “virtuale” e “reale” è un’astrazione senza molto senso. Ma l’entrata in gioco dell’internet mobile ha dimostrato che internet è parte integrante dell’ambiente nel quale si sviluppa la vita quotidiana, come del resto non è troppo insensato dire che il telefono è ormai parte integrante del “corpo”. Internet è realtà e segregarla nella virtualità non ha senso.

Il virtuale era forse per qualcuno un modo per avvalorare l’utopia dell’autonomia internettiana dal vecchio mondo imbrigliato in vecchie regole. Per altri era una comoda ghettizzazione della rete perseguita per mantenerla il meno influente possibile. La realtà è che internet ha arricchito la realtà di nuove possibilità e contemporaneamente l’ha modificata introducendo nuove limitazioni. Nella voga di seguire le novità non è stato facile mantenere chiare in mente le dinamiche della lunga durata. Come quelle antropologiche descritte nel pezzo del New York Times.

Ora, lentamente, riemergono. E si scopre che, come sempre, l’antropologia italiana (o almeno bolognese) non cessa di stupire chi viene da un altro paese con il suo contenuto di emozione, empatia, comunità. La via italiana al social network è molto più nel social che nel network. Questa è una delle modalità informali e ben poco manualistiche con le quali l’Italia ha sempre attratto talenti e investimenti. Ci farà bene coltivare questa specificità.

Grazie a Bologna per questo momento di soddisfazione. È un momento particolarmente importante per questa città. Perché è possibile che la sua lunga marcia verso una modernizzazione della strategia di sviluppo stia dando i suoi frutti. L’attrazione di investimenti c’è, la base universitaria è presentissima, la ricchezza di talenti è provata, la struttura tendenzialmente solida del sistema amministrativo è confermata anche di fronte al passaggio alla città metropolitana, le iniziative della società civile non mancano e anzi crescono (nella foto la nuova sede della Fondazione Golinelli): con tutte le cautele del caso, la città potrebbe tornare a immaginarsi in una prospettiva positiva. C’è da approfondire. (E lo faremo, anche con Nòva e Il Sole 24 Ore, nei prossimi mesi).

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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