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Fantafinanza? Nel labirinto delle trattative che circolano attorno al destino di Telecom Italia alcune domande restano aperte

Tutto sembra essersi chiarito. Sembra. Vivendi prosegue la trattativa in esclusiva con Telefonica. L’offerta degli spagnoli per la brasiliana GVT è stata alzata. E oltre ai soldi e al resto, contiene la possibilità di rilevare dalla Telefonica l’8,3% di Telecom Italia. Questo agli spagnoli serve per ridurre i loro problemi con l’antitrust brasiliano. La proposta italiana è passata in secondo piano. Se mai era stata davvero presa in considerazione. (Sole)

Sembra tutto chiaro. Ma molte domande restano aperte.

Perché la Telecom Italia ha detto che alla fine dell’operazione che aveva proposto, Vivendi avrebbe avuto circa il 20% del capitale della Telecom Italia, quando in realtà secondo i calcoli che si possono fare avrebbe avuto addirittura il 28% delle sue azioni ordinarie? (Il conteggio in effetti è lungo ma si basa sulla valutazione presumibile di quanto Telecom Italia intendeva pagare con un aumento di capitale la parte di GVT che non restava a Vivendi con la prevista quota della GVT+TIM; si tratta di 4,5 miliardi di euro: su una capitalizzazione di Telecom Italia da 11,6 miliardi il calcolo è: 4.5/(4.5+11.6) = 27.9%)

Forse non si voleva arrivare troppo a ridosso della linea dell’opa obbligatoria?

E perché si è parlato di sinergie con i contenuti di Vivendi quando questa ha contenuti in francese e altre lingue ma non in italiano? C’entra con le voci secondo le quali ci sarebbe stato un interesse di Vivendi a parlare anche con Mediaset in Italia? (Di certo, i contenuti Universal non hanno bisogno di questo deal).

Forse la cessione di qualche parte di Telecom Italia a Fininvest o a Mediaset in cambio di una parte del servizio premium della società televisiva italiana a Vivendi o a Telecom Italia avrebbe creato troppe reazioni politiche nel nostro paese? E forse avrebbero portato a una rivitalizzazione del cambiamento della soglia dell’opa della quale si era parlato non molto tempo fa?

Del resto, non c’è alcuna ragione che dimostri che un venditore di contenuti deve avere per forza una quota di una compagnia telefonica per veicolare sulla rete telefonica i suoi contenuti. Sky lo ha fatto con Telecom Italia e non ha avuto bisogno di possedere una quota di Telecom Italia.

Quindi, alla fine Vivendi sembra andare a prendere i soldi veri offerti dalla Telefonica. E sembra intenzionata a dotarsi di una quota di Telecom Italia che le consente di tenere aperte le trattative – per ora fantasiose – con Mediaset. Se avesse quell’8,3% di Telecom Italia potrebbe rivenderlo a Mediaset o a Fininvest in cambio del servizio Premium? E a Mediaset converrebbe?

Domande aperte. Che continueranno ad agitare gli osservatori.

Almeno fino a quando non arriverà qualcuno con un’idea industriale per Telecom Italia, che nel frattempo non sta certo guadagnando quote in Italia, ci si faranno tante domande e difficilmente si troveranno risposte. Forse è tempo di concentrarsi su questa partita. Perché rischiamo di perdere altro tempo. Una compagnia come Telecom Italia che avrebbe dovuto essere un motore di innovazione digitale nel paese, resta in balia dei suoi debiti, lasciati in eredità dai padroni che se la sono rosicchiata negli ultimi quindici anni. E’ davvero tempo di ridarle una visione e un ordine strategico. Al servizio degli italiani.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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