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Comunicazione, informazione e il piano digitale italiano

Il post intitolato We are the champions ha raccolto varie reazioni che si muovono da due interpretazioni contrapposte della figura del digital champion e che spingono a richiamare una distinzione tra informazione e comunicazione.

Interpretazione uno:

Secondo Maurizio Sbiogar il digital champion deve “considerare la VISION del governo e del comitato di indirizzo e trasformarla in GOVERNANCE IT dentro un disegno globale IT di trasformazione del Paese. Attraverso i strumenti di governance AGID, che è esclusivamente operativa, si muove e fa le varie linee guida”.

In questo senso il digital champion è un vero e proprio leader della realizzazione della vision del governo: in alcuni paesi come si diceva ieri è così. E, sempre in questo senso, abbiamo già il presidente del comitato di indirizzo e il consigliere del primo ministro sull’innovazione: non mi pare che si debba inserire un’altra figura per questa interpretazione del ruolo. Ma certamente occorre un grande lavoro di raccordo per trasformare la vision in governance e collegare le attività del governo centrale con quelle delle amministrazioni territoriali. La squadra che deve realizzare un compito tanto grande deve essere coesa e forte. Inoltre deve informare molto e bene su quello che ha fatto, fa e sta per fare.

Interpretazione due:

Secondo chi si firma Gigi Russo invece il tema del digital champion è tutto concentrato sulla comunicazione vista come “evangelizzazione”. A parte qualche vena polemica che tralascio Russo porta un contributo alla discussione citando un pezzo di Federico Morello – il giovane intraprendente che ha trovato il modo di risolvere il digital divide nella sua zona, poi nominato dal presidente Napolitano Alfiere della Repubblica e Young Advisor per l’Agenda Digitale della VicePresidente della Commissione Europea Neelie Kroes. Russo, che in un post precedente aveva qualificato come “fallimentare” la gestione Caio si “autocorregge” citando Morello che apprezza molto invece Caio come commissario all’agenda digitale e casomai lo critica come digital champion. Il pezzo di Morello – pubblicato da CheFuturo!, il “lunario” sostenuto da CheBanca! – ricorda le critiche mosse a Caio perché non può essere un influencer in quanto non usa Twitter e i social network e non può fare bene il lavoro del digital champion: “Un Commissario per l’Agenda Digitale può fare un ottimo lavoro. Il Digital Champion invece è un ruolo puramente comunicativo (deve evangelizzare il suo paese, partecipare alle fasi di aumento della consapevolezza digitale della popolazione) e di interconnessione (connette l’agenda digitale europea a quella locale). Sotto tutti questi punti Caio toppa, non è un Digital Champion”.

A parte il fatto che il ruolo puramente comunicativo non coincide con l’interconnessione con l’Europa: in Europa non si va a comunicare ma a fare policy con molta serietà. Questo avrebbe dovuto far pensare Morello. E’ per questo che nei paesi dove i digital champion non sono parte dell’amministrazione che sviluppa l’agenda ma hanno una funzione più da sostenitori dell’agenda digitale sono scelti nella maggior parte dei casi tra manager, professori, fondatori, creatori di iniziative socialmente importanti, in generale persone che hanno costruito qualcosa nel digitale che va oltre la pura comunicazione. Perché non comunicano con le parole: comunicano prima di tutto con l’esempio. E in tutti i casi affermano di avere una propria lista di priorità. Solo in Lettonia, a quanto pare, il digital champion è un puro comunicatore.

L’evangelizzazione che secondo Morello e anche Russo sarebbe tanto importante per l’Italia, lo è davvero? Siamo sicuri che gli italiani che non si connettono o non apprezzano internet o non vedono l’utilità dei servizi governativi su internet abbiano bisogno di evangelizzazione? In Emilia Romagna – grazie al progetto di successo Pane e Internet – hanno dimostrato di volere piuttosto alfabetizzazione. In tutta Italia, poi, si usano poco le soluzioni offerte dalla pubblica amministrazione (vedere scoreboard): questo dimostra che gli italiani vanno evangelizzati o che i servizi devono essere molto ma molto migliorati? L’evangelizzazione tanto invocata, proprio in Italia spesso si trasforma presto in esagerazione, corsa alla notorietà, conformismo, persino settarismo. Abbassa il livello della critica. Innalza il livello della polemica. Questo è quello che succede in Italia. Dove, in ogni caso, dato che lo spazio della comunicazione è separato, molto spesso, da quello della storia vissuta, gli evangelizzatori si trasformano in esperti e acquistano un ruolo di potere o persino autorità che li supera.

In Italia c’è bisogno di servizi pubblici molto facili e gradevoli da usare, davvero utili, costruiti su un’archiettura aperta, interoperabile, internettiana. Questi servizi vanno fatti conoscere con ogni mezzo. Con l’informazione ben fatta, critica, non orientata ad innalzare le aspettative ma a aprire alle opportunità reali.

Ma il tema è ancora più ampio. Che differenza c’è tra informazione e comunicazione? Per cominciare a rispondere, ripropongo un articolo molto ampio pubblicato da Problemi dell’Informazione. E spero che possa tornare utile.

Il senso è che, nel mondo editoriale (fatto di giornalismo, pubblicità, promozione, ecc ecc) l’informazione è fedele al pubblico mentre la comunicazione è fedele a chi lancia il messaggio.

In un argomento tanto importante e complesso come la modernizzazione digitale, una buona policy (e l’innovazione tecnologica che la sostanzia) deve essere adottata dal pubblico per il suo valore e non attraverso una forma di manipolazione. Per rispetto del pubblico. E per rispetto degli innovatori veri che creano la nuova architettura, generano le nuove applicazioni, scrivono la nuova interfaccia dell’Italia.

Quindi la modernizzazione digitale ha bisogno molto più di informazione che di evangelizzazione. Imho.

Vedi anche:
Gigi Cogo, Comunicare e innovare

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  • È più semplice: si informa chi vuol essere informato, si può comunicare a tutti. Evangelizzare in Italia vuol dire di conseguenza favorire l’alfabetizzazione e aumentare la consapevolezza digitale. Lei invece pone evangelizzazione e alfabetizzazione, non si sa perché, addirittura in opposizione. Così come oppone il “fare” con successivo informare al comunicare. Mah.

    Altro dato da cui parte è che il DC lavori “in Europa”, dove si va a lavorare e non a comunicare. Errore, il DC è soprattutto il DC del proprio paese che fa ANCHE da cerniera con la DAE. C’è chi deve finalmente portare avanti l’Agenda Italiana (e sono in tanti, direttore agid, presidente agid, consiglieri vari) e chi deve evangelizzare il paese, fare da riferimento per l’alfabetizzazione e comunicare a chi del digitale non conosce na cippa o non segue le vicende del MISE cosa è l’agenda e perché è importante. Lei continua a mescolare queste due funzioni in un unico ruolo, è l’errore di cui parlano Russo e Morello, e mi stupisco di come invece lei non lo veda ne lo prenda in considerazione, continuando a portare avanti una tesi che ha questo difetto in principio

    • Gentile “Gigi Russo” (a proposito perché citi Russo come se fosse un’altra persona?): mettiamola così, lei ha la sua opinione e la rispetto, non me la presenti come fattuale, perché non lo è, ma in quanto possibile lettura della realtà va bene. Quanto a me ho la mia ipotesi: che in Italia non serva l’evangelista nazionale del digitale e che servano di più altre cose come ho scritto nel post (l’evangelizzazione bottom-up che eventualmente imparassero a fare i nostri innovatori, anche nella p.a. invece sarebbe certamente un passo avanti)

  • PS: gli italiani hanno bisogno di essere evangelizzati E di avere servizi molto ma molto migliori.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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