Home » Approfondimenti » Attenzione media » Compenso poco equo e difeso malamente. Parlano Caselli, Conte, Ghezzi, Guccini ecc
Attenzione media perplessità

Compenso poco equo e difeso malamente. Parlano Caselli, Conte, Ghezzi, Guccini ecc

I veri cultori della poetica musicale italiana sono sempre stati disposti a pagare per ascoltarla. E sarebbero felici di farlo direttamente soprattutto a favore dei grandi artisti che hanno bisogno di sostentamento. E forse anche a favore degli artisti ricchi o benestanti, per gratitudine. Un fondo pubblico per loro pagato con tasse o meglio col 5 per mille non sarebbe probabilmente deserto.

Ma l’aumento del cosiddetto equo compenso recentemente approvato dal governo non cessa di provocare polemiche. I principali difensori lo vedono come un modo di ripagare la copia privata che si fa su una memoria digitale chi compra legalmente un bene soggetto a copyright. I principali oppositori dicono che è ingiusto far pagare questa cosa anche a chi non fa nessuna copia privata. Ma il sottotesto è un altro: gli editori e qualche autore difendono il cosiddetto equo compenso pensando che compensi della pirateria. Se ne parlava così ai tempi del ministro Bondi. Ma la corte di giustizia europea ha stabilito che così non può essere.

Sicché non si dice anche quando lo si pensa che l’equità del compenso è relativa alla pirateria. Lo si vede chiaramente anche nella nota diffusa l’altro giorno da alcuni autori attraverso la MnItalia e giunta via mail:

COPIA PRIVATA / GUCCINI, GUALAZZI E MORRICONE DIFENDONO L’IMPEGNO DI FRANCESCHINI
Roma, 6 luglio – ”Attaccare l’adeguamento delle tariffe sull’equo compenso e’ dare un ennesimo schiaffo alla creatività’, alla cultura italiana e alla sua indipendenza. Contrariamente a quanto generalmente e tristemente avvenuto in questo Paese, il ministro Franceschini si é impegnato, con il Governo, a sostenere la Cultura del nostro Paese, che é un bene pubblico ed economico da difendere, adeguando con questo provvedimento, che non e’ una tassa sulle intenzioni ma sulla realtà dei fatti e dei dati, la tutela degli artisti e degli autori italiani a quella degli altri più importanti paesi europei. Sarebbe bene iniziare a rispettare la cultura e non snobbarla”. Così, in una nota congiunta, Caterina Caselli, Paolo Conte, Dori Ghezzi, Francesco Guccini, Raphael Gualazzi ed Ennio Morricone.

La frase rivelatoria è “non e’ una tassa sulle intenzioni ma sulla realtà dei fatti e dei dati”. Si ammette in effetti che è una tassa, cosa che tutti i difensori più diplomatici negano e tutti i cittadini pensano. E la si connette a fantomatiche intenzioni (di chi?) e ancor più sfuggenti dati (raccolti da chi?) e fatti (che riguardano che cosa?). Si dice che è una tutela degli artisti e degli autori italiani. Ma da che cosa vanno tutelati? Dai temibili clienti che dopo aver comprato un disco se lo copiano sul computer per sentirlo anche con l’iPod? Oppure dai pirati? Non c’è risposta nella nota. Perché non c’è? Perché agli autori mancano le parole? O per non dire quello che non si può dire?

Ma mettiamo che sia un compenso per la copia privata. E mettiamo che sia ammissibile che quel compenso lo debba pagare sia chi si fa una copia privata sia chi non se la fa. Ma perché l’adeguamento? C’è forse stato un tale drammatico aumento delle copie private su telefonini che motivi il 500% di aumento del compenso per quegli apparecchi? Sbaglio o questo significherebbe che a monte c’è stato un aumento del 500% delle copie vendute legalmente (e poi copiate privatamente sui telefonini)? Non risulta che sia andata così. Quindi l’adeguamento deve essere riferito a un altro fenomeno, non alla copia privata. Ma non si può dire a quale fenomeno si pensi.

La pirateria peraltro è cambiata. La gente ormai scarica sempre meno copie piratate. Sempre più spesso guarda e sente in streaming. E se questa impressione è vera, il riferimento alle memorie come base per pagare l’equo compenso diventa obsoleto. In effetti, dopo anni un adeguamento era dovuto: ma al ribasso, non al rialzo.

Tutto questo non c’entra nulla con la difesa degli autori. Una tassa, come ammettono i beniamini del pubblico, per tutelare gli autori potrebbe essere persino ben accetta dai loro fan. Se gli autori devono campare di sostegno pubblico e riescono a motivare questo bisogno probabilmente otterrebbero l’appoggio di molti cittadini. La cultura è spesso oggetto di finanziamento pubblico.

Ma non si capisce perché passare per questo accrocchio, con metodi così indiretti e lontani dalla realtà.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi