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Chiose a valle dei post sul codice e l’algoritmo

Queste sono chiose e appunti di lavoro.

Belle discussioni a valle dei post recenti sul codice, l’algoritmo, la legge..

Luca Terzaroli da esperto di informatica e Carlo Blengino da giurista si sono soffermati soprattutto sul terzo punto del post sul codice e l’algoritmo. E da punti di vista diversi mi hanno detto che la progettazione della policy in un’epoca internettiana non può essere la digitalizzazione dell’esistente: come non essere d’accordo?

Terzaroli dice che la soluzione informatica deve essere rivoluzionaria.

Blengino dice che la legge e la sua applicazione non si può automatizzare.

Credo che abbiano ragione, paradossalmente, entrambi. La legge com’è non si automatizza e il progetto che ci possiamo porre deve andare oltre la sistemazione in digitale della legge che c’è.

Blengino dice che la legge si interpreta a partire dall’obiettivo che si pone: proprio come il software si progetta a partire dal risultato che deve raggiungere. E la capacità normativa del software è un fatto pacifico come sa chiunque stia dentro Facebook. Il problema casomai è come definire il dominio di applicazione di una soluzione basata sul codice informatico ai problemi della vita civile.

Viene in mente un’ipotesi (ipotesi): probabilmente si deve partire dalla soluzione che si vuole raggiungere e dall’analisi; poi si studia un’interfaccia utente-cittadino piacevole, funzionante, che facilita la comprensione del programma; infine si fa l’applicazione e la si fa girare sulla piattaforma standard, neutrale e interoperabile della comunità… (Approccio utopistico? Si potrebbe aggiungere che questo processo potrebbe semplificare alcune leggi: ancora più utopistico).

Controindicazione: ogni automatismo può essere hackerato e addirittua crackato: qualcuno ne approfitterà. Come peraltro fa già con le regole di adesso. Controindicazione: nei litigi tra persone i punti di vista e i rapporti di forze contano per interpretare le regole in funzione dell’obiettivo: vero, l’interfaccia può aiutare, la base dati può servire, ma alla fine giudici, avvocati e pubblici ministeri restano determinanti.

Non può essere un approccio buono per tutto.

Nel diritto penale non si dovrebbe tendere e neppure sperare in una situazione tipo “Minority report” (con la polizia che previene i delitti arrestando chi sta per commetterli): anche se non ci si può nascondere che i Big Data potrebbero indurre qualcuno in tentazione (se si pensa all’Nsa qualche idea viene in mente). I diritti umani sono il faro e a quelli occorre ispirarsi.

Ma nelle regole che riguardano l’amministrazione, l’apertura e la trasparenza, la semplicità e per quanto possibile l’automatismo sono valori connessi alla praticità e alla riduzione della corruzione. Nelle norme fiscali si danno alcune possibilità del genere e sono vagamente già esplorate. Nei registri scolastici e nelle regole d’uso della sanità qualche cosa si sta facendo. La fatturazione elettronica apre ad automatismi dei pagamenti della pubblica amministrazione che superano una pletora di vincoli burocratici.

Tutto questo è ipotesi e ragionamento aperto. Non completo assolutamente. Ma questi appunti erano dovuti soprattutto al valore dei commenti ricevuti. In puro spirito di condivisione di idee. E comunque sono idee che suppongono che il lungo post precedente sia stato letto… Mi scuso per questo.

L’idea base di quel post era: “Il codice è legge, l’algoritmo è regola, l’intefaccia è interpretazione.”

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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