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Link. Letture domenicali. Cyberspie, giornalismo, psicoterapia

Zdnet smonta la storia pubblicata da Washington Post sui servizi di sicurezza americani segnalando che dalla prima versione si è molto addolcita. La storia non allude più alla consapevole collaborazione delle grandi piattaforme alle indagini dei servizi ma per la verità non appare meno inquietante dal punto di vista dei cittadini. Perché resta l’impressione che un’eccessiva concentrazione del traffico e delle attività internettiane su poche piattaforme faciliti gli abusi.

Wall Street Journal peraltro sostiene che la prossima guerra cui la Nato dobrebbe prepararsi è una cyberguerra. Il tema è sempre più attuale. Ma non va affrontato senza la consapevolezza di come l’intreccio di confronti tecnologici tra stati, organizzazioni informali e criminali coinvolga in modo complicato e pericoloso i diritti dei cittadini. Ne parla Nazli Choucri in un libro survey.

Giuliano Castigliego, psicoterapeuta, analizza le pulsioni che sottendono molti dibattiti sulla qualità umana di ciò che avviene in rete. La paura che il web sembra sollecitare nei critici superficiali dei social network, come la tensione fideistica di chi vede nel web un automatismo liberatorio, meritano un trattamento competente dal punto di vista psicologico.

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  • A me non sembra che si sia molto addolcita, forse per gli americani. adesso è molto chiaro che spiavano stranieri.

    97 miliardi di item raccolti solo a marzo 2013.
    http://blog.quintarelli.it/blog/2013/06/boundless-informant-the-nsas-secret-tool-to-track-global-surveillance-data-world-news-guardiancouk.html

    non credo che per ognuno di questi ci sia stato un ordine…
    non è accesso “diretto”, ok, è mediato. so what ?
    quanti parlamentari/persone di governo/vertici industriali, nel mondo, usano iMessage ? (magari senza saperlo) saranno contenti ?

    a me questo Datagate sembra uno scandalo di dimensioni enormi.

  • grazie Stefano! concordo appunto che la storia non è meno inquietante.. bisogna ammettere però che l’ipotesi originaria secondo la quale Apple, Google e compagnia collaboravano pedissequamente con i servizi era peggiore perché alla lunga si sarebbe trasformata da accesso ai dati a collaborazione nella selezione e analisi dei dati: e poiché credo che le piattaforme siano molto più brave dei servizi americani a trattare l’informazione ne sarebbe uscito un controllo molto peggiore.. imho

  • Buongiorno Luca, ricorda un po’ la storia di ECHELON, non trovi? Ma funziona ed esiste ancora? Concordo sulla tua risposta a Quintarelli: una massa di dati informi è senza valore (molti dati=nessun dato). Selezione e analisi sono il grande (meraviglioso e – al tempo stesso – spaventoso) tema.

  • Magari sono paranoico ma leggendo il NY Times mi pare che questi signori che smentiscono sdegnati “direct access” e “back doors” siano ben messi nella creazione di “secure portals” per l’accesso alle informazioni desiderate dalla NSA:
    <>

    Qui siamo a Echelon 3.0, solo che questa volta non c’e’ neppure il dubbio che non possa essere fatto 🙂

    Un affezionato lurker. f.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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