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Che cosa si fa adesso. La strategia è urgente

Alla luce della globalizzazione e dei grandi spostamenti storici di questo millennio, con l’avvento della Cina, le dimensioni che reggono hanno grandi spazi interni: come l’India, il Brasile, la Russia. Ovviamente gli Stati Uniti. La dimensione europea è compatibile con questo sviluppo. Le dimensioni degli stati nazionali molto meno.

Lo spazio di autonomia delle scelte politiche in uno stato nazionale come l’Italia è ridotto. Le scelte sono inquadrate nei binari impostati a livello europeo. Il debito pubblico è stata una cessione di sovranità. Che oggi si manifesta in un ceto politico obbligato a limitarsi alla gestione delle risorse amministrative senza impostare una politica ideale. E quindi tentato dall’impostazione personalistica del dibattito.

La simbologia della presidenza della Repubblica resta a ricordare quello che era lo stato nazionale ottocentesco, i partiti impotenti sono la conseguenza della perdita di autonomia decisionale dello stato nazionale, la dimensione della gestione amministrativa resta quella più produttiva, con differenze meno comprensibili tra i livelli nazionali e quelli territoriali. In altri stati nazionali che attraversano analoghe crisi, la decomposizione in autonomie locali si vede in Spagna e nel Regno Unito, la sapienza amministrativa ha conseguenze positive in Svezia e Danimarca. I soli che riescono a mantenere un livello politico piuttosto alto sono gli stati che impostano politiche a lungo termine, un ambito nel quale paradossalmente possono decidere con libertà maggiore di quanto non accada di fronte alle urgenze. L’Italia sembra bloccata sul breve termine, tesa ancora una volta a spaccarsi in autonomie locali e potentati personalistici, ma di certo non trova il suo ambito di libertà decisionale e subisce a tutti i livelli le limitazioni imposte dal contesto internazionale.

La riforma è obbligata per poter affrontare le questioni importanti, come il lavoro e la ripresa imprenditoriale. Probabile che non avvenga per autoriforma, ma per reazione a nuove condizioni.

Internet, come la globalizzazione, è una delle strutture che innovano le condizioni. Che cosa sta effettivamente succedendo in questo contesto?

1. Open data. La trasparenza genera più opportunità per fare affluire al dibattito le istanze più diverse e fondate sui fatti, anche se ovviamente non è un sistema per decidere.
2. Sistemi di supporto alle decisioni. Emergono piattaforme per la raccolta delle istanze, la loro elaborazione condivisa e la raccolta di consenso intorno alle decisioni alternative. Le più immature si limitano a sostenere le istanze con raccolte di firme e altro, le più mature tengono conto delle compatibilità generali che le singole decisioni alternative non possono violare. La strada è lunga, ma non troppo, per arrivare a modernizzare almeno il sistema delle consultazioni multistakeholder che le istituzioni possono imporsi di praticare per ogni scelta complessa.
3. Comunicazione tra eletti ed elettori. Tutto è partito come una forma di campagna elettorale permanente su Twitter. E fino a che resta lì non cambia nulla. Le piattaforme di gestione dei movimenti politici che organizzano le attività online possono avere un impatto molto più importante e modernizzante.

Il famoso perimetro dell’ingerenza dello stato è definito dalle leggi ma anche dalle condizioni, come quelle imposte dalla globalizzazione e offerte dall’internet.

I livelli della relazione costruttiva tra internet e funzionamento della politica per ora dunque sono tre:

1. Ciò che abbiamo in comune sono i fatti e la trasparenza li rende utilizzabili dalla società o dall’amministrazione.
2. Le istituzioni restano il luogo della decisione democratica ma imparano dalla rete a procedere nelle scelte in modo più efficiente e condiviso.
3. I partiti si riformano accettando un sistema organizzativo moderno, interattivo e coinvolgente per il loro elettorato.

Se il ceto politico non comprende quanto le condizioni del suo lavoro sono modificate dalla globalizzazione e dalle opportunità offerte dalla rete internet, non comprende il proprio ruolo e non riesce a farlo comprendere. Allontanandosi dalla popolazione inesorabilmente.

Vedi anche:
Citizenville
Capannori
Smart citizenship

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  • Concordo su tutto, ma vorrei offrire uno spunto:
    In questo nuovo contesto i partiti hanno bisogno di trasformarsi in organizzazioni globali, perche’ i temi politici sono sempre piu’ globali. Me li immagino molto piu’ simili a delle grandi organizzazioni non governative, che al momento sono le uniche che di fatto fanno “advocacy” su scala globale.

  • Un po’ di economia internazionale no, eh?
    Voglio dire, conoscere le basi è proibito in questo paese?
    Si direbbe di sì.
    Ormai le cause della crisi italiana le troviamo descritte senza problemi sulla stampa straniera.
    Anche nell’ultimo libro di Stiglitz la cosa viene spiegata in modo chiaro, seppure en passant, visto che l’argomento del libro sono le disuguaglianze negli Stati Uniti.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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