Home » visioni » Microcosmo politico. La concretezza di internet e la virtualità della tv
visioni

Microcosmo politico. La concretezza di internet e la virtualità della tv

Nel suo Microcosmi di oggi, Aldo Bonomi si occupa di politica. Premettendo e chiarendo che non è il tema centrale della rubrica e del mondo che racconta. Si avverte, immodestamente, un’assonanza con la normale assenza di temi politici anche su questo blog che, proprio per l’urgenza incredibile che si è creata in questa fase storica, è corretta transitoriamente da alcuni post che invece se ne occupano.

Aldo Bonomi esplora in modo magistrale i percorsi sociali che si inscrivono nel territorio. I suoi famosi neologismi illuminano realtà spesso dimenticate e della cui importanza ci si rende conto quando sono nominate con i termini ricchi di senso di Bonomi.

Bonomi prende in considerazione due ambiti sociali fondamentali.
1. Le reti degli imprenditori che hanno costruito una fase dello sviluppo italiano soffrono in questa epoca nella quale i flussi, i flutti della marea finanziaria, riducono la tenuta dei corpi sociali e organizzativi territoriali.
2. Le reti dei creativi urbani sottopagati che partecipano all’epoca della conoscenza per passione e per capacità senza però essere coinvolte nella costruzione di una prospettiva sensata di progresso.

Parla delle forme di rappresentanza che la Lega ha saputo garantire per i primi, raggiungendo l’apice dell’espansione alle tre grandi regioni del Nord paradossalmente proprio quando perde una parte molto grande dei suoi consensi elettorali. E parla della capacità di intercettare le istanze dei secondi da parte del M5S, il grande fenomeno del momento.

Tagliando con l’accetta, nel discorso di Bonomi ci sono almeno due argomenti da segnalare.

Il primo contributo della sua analisi è quello di spiegare come mai i partiti tradizionali non siano riusciti a interessare questi mondi. Perché non li hanno visti, non li hanno presi in considerazione, non li hanno ascoltati e non hanno parlato con loro.

Il secondo è il tema dello slittamento dei luoghi del dibattito dal mondo della televisione a quello dell’insieme composto dal territorio e dalla rete.

Questo secondo aspetto, che probabilmente contribuisce a spiegare il primo, sottolinea una realtà intorno alla quale si è diffusa un’interpretazione preconcetta e sbagliata: intrappolati nella metafora della realtà virtuale, molti hanno visto internet come un mondo inautentico e astratto; mentre è uno strumento molto autentico e profondamente concreto.

Internet è ormai parte del territorio, gli strumenti per l’accesso sono ormai parte del corpo, le relazioni attivate con la rete sono hanno ampliato e non ridotto lo spazio dell’autenticità.

Certo, questo ha comportato cambiamenti significativi nelle strategie di memorizzazione, elaborazione e comunicazione. E le conseguenze sul piano cerebrale sono in piena evoluzione. Ma di certo non si può più parlare di internet come di un “settore” o come un “medium” tra gli altri. La rete è parte dell’ambiente, lo arricchisce e lo modifica, sottolineando alcune possibilità e seppellendone altre, come ogni infrastruttura di impatto significativo sulle vite quotidiane. Internet serve per distribuire informazioni, ma serve anche per organizzare persone e per codificare comportamenti e sistemi decisionali. È certamente un “mezzo” ma non facilmente paragonabile con gli altri. E la consapevolezza dell’influenza che le sue strutture possono esercitare sulla fenomenologia dei comportamenti è un tema di approfondimento importantissimo, che non a caso è oggetto di riflessione e dibattito quotidiano, in una quantità incredibile di pubblicazioni e convegni, proprio per il bisogno concreto di “digerirne culturalmente” le conseguenze tanto significative.

E dunque tra i molti errori di percezione che sono stati compiuti dai partiti tradizionali e che sono emersi con il voto, la sottovalutazione dell’internet è un aspetto che emerge dal territorio e dalle reti sociali.

Non una sottovalutazione nel senso che non se n’è compreso l’impatto comunicativo. Che anzi forse quello è stato persino sopravvalutato. Una sottovalutazione delle sue logiche profonde, che fanno intravvedere nuove forme organizzative emergenti e opportunità inesplorate per migliorare la vita e la convivenza civile. E che spiazzano le concezioni troppo verticistiche e manipolatorie dell’informazione. Un problema che interessa certamente in molti casi i partiti tradizionali, ma che non potrà non interessare anche i partiti emergenti.

In questo senso, internet non è stata una risposta “virtuale” alla mediasfera centrata sulla televisione ma anzi ha portato una ventata di “autenticità”. O per lo meno ne ha intercettato il bisogno. Ma proprio per la sua natura, internet non è una costruzione data: è un ambiente di progettualità continua. Di certo, la storia non finisce qui.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

  • Parlo per esperienza personale di “creativo urbano ecc ecc”, ma anche a nome di tanti che condividono la mia stessa esperienza lavorativa nel mondo della comunicazione on line: il senso di mancato coinvolgimento nella costruzione di un progresso persiste e si fa ancora più forte. In molti soffriamo sia della sottovalutazione (strettamente connessa ad una sopravvalutazione) del mondo on line da parte delle vecchie elite politico-economiche sia delle attuali derive cyberpopuliste. Quella seconda categoria sociale di cui scrive Bonomi mi sembra troppo ampia per rendere conto dei segmenti effettivamente coinvolti nell’avanzata del movimento 5s. Rischia di portare avanti degli enormi equivoci.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi