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Il contesto e i permalink. Dopo qualche post su agenda, partecipanda e immutabilità italiana

Un permalink trasforma un post in un’entità che vive di vita propria e viaggia nei social network slegato dal suo contesto originario. È il bello della rete sociale che alimenta lo scambio e la visibilità di ciò che raccoglie attenzione e si lascia leggere. Ed è anche un piccolo problema che merita qualche commento.

Basta guardare il numero di segnalazioni su Twitter, Facebook, Linkedin e Google+ che ono state dedicate al post intitolato “Perché è tanto difficile cambiare l’Italia… 10 ipotesi” e confrontarle con quelle che hanno meritato altri post precedenti e successivi sulla questione generale alla quale quel post si riferiva: da “Sulla roadmap. L’agenda del paese non è un espediente elettorale: è un metodo” a “Se nonostante tutto si vuole cambiare l’Italia: l’agenda-partecipanda per il paese“. (Grazie a tutti gli autori delle segnalazioni!)

Il percorso dei tre post è unico: c’è il tentativo di adottare un metodo nuovo per affrontare i problemi politici del paese, non è facile innovare, ma qualcosa si può fare. Ma il permalink del secondo argomento è passato un ordine di grandezza più spesso in rete del primo e due ordini di grandezza più spesso del terzo.

È sicuramente frutto prima di tutto della modestia dei contributi proposti nei post. Inoltre, probabilmente è conseguenza del grande malessere percepito dalle persone che le fa incontrare più facilmente sul terreno della critica che su quello della proposta. Ma è anche frutto del modo in cui sono fatti gli articoli sui blog: tendono a diventare isolati dal loro contesto. Dunque questo richiede una certa inventiva per indurre la lettura a soffermarsi un poco di più anche sui collegamenti tra i diversi articoli. Magari qualcuno ha una buona idea.

Nel frattempo vanno segnalate le reazioni di Alberto Onetti, sul blog SiliconValley del Corriere, e di Gigi Cogo, su Webeconoscenza. Il sentimento della disparità di difficoltà che è destinato a incontrare chi contribuisce all’innovazione e chi si accontenta della conservazione in Italia è comune e, appunto, accomuna gli innovatori. Ma entrambi possono essere letti anche come il tentativo di individuare i punti di azione sui quali si potrebbe passare all’azione costruttiva. Certo, un’agenda, in questo senso, probabilmente serve eccome. Sarà meglio che i cittadini non aspettino soltanto quelle che realizzano i politici, anche quelli innovativi, e si organizzino per contribuire a scriverne una parte rilevante. Imho.

Intanto, grazie a tutti i commenti, le segnalazioni e le critiche.

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  • Verissimo quanto scrivi ormai gli incontri sono finalizzati alle negativita’ a portare esempi di cose che non vanno.E’ il sistema Italia che Ti porta a questo, ci sono poi molto blob che non sono considerati perche’ non sono sotto l’egida di qualcuno ,non sono pubblicizzati ,non hanno spazio nelle vetrine che contano.La mia piccola esperienza di WEB Tv mi porta a dire quanto sia difficile entrare in un contesto dove sei schiacciato dall’informazione , in una citta’ dove non ti viene offerto nessuno spazio, dove anzi cercano di ostacolarti in ogni modo.

  • Mi scuso, ho dimenticato la sintesi, che potrebbe essere questa: siamo un paese, tra l’altro, passivo-aggressivo. Una nostra agenda, intesa come roadmap, sarebbe quanto mai utile per precisare meglio la nostra attuale identità e proteggerci dalle nostre tendenze regressive ed aggressive.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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