Home » libri » Life long forgetting. Fabrizio Tonello: L’età dell’ignoranza
libri

Life long forgetting. Fabrizio Tonello: L’età dell’ignoranza

«Il reale scopo del metodo scientifico è quello di accertare che la natura non ti abbia indotto a credere di sapere quello che non sai», Robert Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, 1987.

«Tutti i processi educativi potrebbero essere visti come un tentativo di attivare le parti del cervello che esaminano razionalmente e approfonditamente i dati disponibli, sopprimendo l’impulso di reagire senza sapere cosa facciamo», Fabrizio Tonello, L’età dell’ignoranza, 2012. Se ne parla con l’autore a Terni, al Centro Caos. È una connessione importante, questa, tra educazione e ragione. Proprio in un periodo storico di rimescolamento dei sistemi e delle istituzioni educative, la scelta, volutamente parziale, di circoscrivere l’educazione all’allenamento della corteccia frontale e della razionalità è una sfida utile per riqualificare la discussione in materia. Non è detto che sia la sola scelta da compiere: ma secondo Tonello, la sfida è prioritaria.

Stiamo parlando di un miglioramento delle capacità di ricorrere al Sistema 2 di Daniel Kahneman), il ragionamento controllato, proprio mentre si ha l’impressione che prevalga socialmente il Sistema 1. In altre parole, tutto intorno a noi sembra indurre le persone a scegliere in base all’intuizione, cioè alla prima opzione che viene in mente.

Per Tonello, come per altri compreso Mauro Magatti e chi scrive, la destrutturazione dell’educazione orientata alle capacità razionali è andata avanti negli ultimi trent’anni. E probabilmente questo è collegato a molti fenomeni, politici, economici, sociali, tecnologici… Ma per Tonello, questa tendenza non è necessariamente interrotta dal passaggio dalla centralità mediatica della televisione all’emergente centralità di internet. Indubbiamente, come le precondizioni della destrutturazione dell’educazione istituzionale disecolare sono state diverse, così le eventuali nuove tendenze non possono discendere dalla sola dinamica tecnologica. Il che non dovrebbe condurre a considerarla meno importante, ma semplicente a conoscerla bene, interpretandola in chiave storica ampia e visionaria, se si vuole progettare l’innovazione culturale in modo consapevole.

Tonello è molto critico nei confronti del tecno-ottimismo. Difficile dargli torto quando questo atteggiamento è un preconcetto sentimento di fiducia nelle magnifiche sorti e progressive della società tecnologica. Del resto anche della televisione non vede alcun valore tecnologico (Alberto Manzi è un caso vecchio e isolato, rispetto alla marea educativamente distruttiva che è seguita). Infine, non crede che i trent’anni post reaganiani siano finiti: «La scuola pubblica non riceve più attenzione, ora. Anzi, sempre meno. Anche le strategie post-crisi, in America e in Europa, non fanno che ribadire lo stesso concetto: la scuola pubblica deve ridursi».

Probabilmente, in effetti, la scuola pubblica non avrà più una quantità di risorse come quelle che aveva prima dell’epoca dell’iperfinanza. Anche se per la scuola pubblica è giusto combattere: perché è il luogo della socializzazione più importante. Ma, in effetti, è difficile pensare che gli stati recuperino a breve la forza e la quantità di risorse da dedicare alla scuola pubblica dell’epoca dell’industrializzazione. La popolazione però si accorge dell’importanza dell’educazione per il futuro. E potrebbe generare ulteriori innovazioni, anche facendo leva sulle opportunità offerte dalla rete.

Non sarà la rete a risolvere il problema. Sarà la società. E forse troverà in internet un modo per affrontare la questione. La relazione complessa tra democrazia e ignoranza, mostrata con grandissima competenza da Tonello, richiede una ricostruzione ampia e articolata: piattaforme civiche per mettere insieme le persone nel momento della definizione degli obiettivi (per ora vediamo i primi passi di cose come LiquidFeedback e NationBuilder); piattaforme educative per diffondere l’accesso ai saperi (per ora vediamo i primi passi di piattaforme come Kahn Academy e Coursera; piattaforme per l’informazione civica, per l’alfabetizzazione digitale, per la visione critica e documentata (forse qualcosa a questo proposito si trova anche nelle proposte sperimentate dalla Fondazione Ahref, alla quale collaboro).

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi